Il registro degli indagati, accusati di compravendita di voti alle scorse elezioni amministrative baresi, si arricchisce. Secondo alcune indiscrezioni investigative, stando a quanto è stato riportato dal Corriere del Mezzogiorno, sono 16 in totale i fascicoli aperti dalla Procura. Inizialmente sono stati indagati 4 candidati, di cui tre donne sia di centrodestra che di centrosinistra. La Procura ipotizza il reato di corruzione elettorale.

Il numero dei fascicoli è giustificato dalle denunce arrivate ai vari organi di polizia e non è escluso che nel corso degli accertamenti vengano unificati sotto un’unica inchiesta. A capo delle indagini il procuratore Giuseppe Volpe aiutato da un pool di magistrati specializzati in questo ambito.

Gli indagati avrebbero offerto soldi, buste della spesa e buoni benzina in cambio di voti. Un sistema collaudato, secondo gli investigatori, usato per pilotare i voti di alcuni candidati e da utilizzare in cambio di favori in un momento successivo.

Gli inquirenti però sospettano che dietro ai voti di scambio ci sia anche la mano della criminalità organizzata barese. Due dei clan più temibili di Bari sarebbero scesi in campo per gestire e garantire un pacchetto di voti per ogni candidato al consiglio comunale, ma su questo ci sarebbero ulteriori approfondimenti. La presenza dei clan mafiosi sottolinea il pericolo delle infiltrazioni all’interno del tessuto economico e sociale della città.

Le indagini sono state avviate dai poliziotti della Digos durante la campagna elettorale, in seguito a segnalazioni su messaggi espliciti riguardo il voto di scambio. Gli inquirenti hanno raccolto screenshot di messaggi ricevuti e post sui social.

Il caso, diventato nazionale, ha portato il deputato barese del Movimento 5 Stelle e il presidente della commissione Affari Costituzionali a firmare un interrogazione parlamentare per chiedere di mettere in campo iniziative concerete contro la corruzione elettorale.