L’oncologo Vito Lorusso ha lasciato il carcere il 15 luglio ed è ora agli arresti domiciliari, dopo essere stato arrestato la mattina del 12 luglio nel suo studio all’interno dell’Istituto Tumori Giovanni Paolo II; il primario deve rispondere dei reati di concussione e peculato perché avrebbe intascato denaro dai suoi pazienti, promettendo loro di saltare la fila nelle liste d’attesa; al momento vi sarebbero ben 15 episodi contestati dalla Procura. La misura cautelare è stata disposta dalla gip Rosa Caramia che ha spiegato come “un malato di tumore non abbia scelta quando deve decidere tra il rischio di subire ulteriori danni e la richiesta di denaro da parte di un medico”.

Il professionista, sospeso da qualche giorno dal servizio, è anche accusato di non aver versato all’Oncologico una parte dei proventi guadagnati con l’intramoenia. Il medico sarebbe stato colto in flagranza di reato, subito dopo aver ricevuto l’ultima mazzetta da 200 euro da un paziente per una visita di controllo, che è invece garantita gratuitamente dal sistema sanitario nazionale. Il professionista si è giustificato dinanzi agli inquirenti dicendo che quei soldi erano “solo un regalo da parte di un paziente” con cui ormai si era instaurato “un rapporto d’amicizia”.

Stando al magistrato, vi sarebbe un elemento “costrittivo” nel reato contestato a Lorusso, perché i malati di cancro si sarebbero sentiti psicologicamente pressati dall’oncologo al pagamento dai 100 ai 300 euro pur di continuare a essere seguiti da lui. E nelle dichiarazioni della figlia di una paziente con un rarissimo tumore deceduta, emerge proprio quella “sudditanza psicologica” di cui si parla. “Di solito mi prendo 250, ma per voi facciamo 100”, queste le parole pronunciate già dalla prima visita. Una frase che poi è diventata la prassi per gli incontri successivi e sempre “senza ricevuta”.

“Ci è capitata una doccia fredda, la situazione di mia madre era grave ma lui ci ha fatto capire che sarebbe migliorata, che avrebbe addirittura visto i nipoti – ha raccontato la testimone al pm, stando a quanto riportato da La Repubblica di Bari -. C’era un rapporto di fiducia”. Lui avrebbe detto loro fin dal primo momento: “Io vi prendo in carico, ma c’ho un costo. Ne ho curati tanti con questo tipo di tumore”.

“Io non sono stupida ma in questi casi ci si nutre di speranze. In quei momenti uno non si chiede ‘perché questo mi chiede dei soldi?’ – ha proseguito la figlia della paziente -. Io mi sarei tolta un rene per mia madre, non ragionavo, non davo valore a niente se non alla sua vita. L’essenziale per me era che lei non soffriva e che avevamo delle speranze”.

Lorusso era nel mirino degli investigatori ormai dallo scorso giugno, quando proprio questa donna ha deciso di denunciarlo. Da quel momento le Forze dell’Ordine hanno installato le telecamere nello studio del primario all’interno dell’istituto Tumori e accertato la condotta illecita. Nei prossimi giorni l’accusato, assistito dagli avvocati Gaetano e Luca Castellaneta, sarà sottoposto all’interrogatorio di garanzia.