Quanto accaduto la notte del 9 marzo non ha giustificazioni, tanto che qualcuno sta pensando di rivolgersi alla Procura della Repubblica. Alla fine di un turno estenuante, gli operatori del 118 intervenuti su una chiamata, raccontano il calvario vissuto, purtroppo non molto dissimile a quello di tanti loro colleghi. La situazione è al collasso e si sta innescando una pericolosa guerra tra operatori dell’emergenza-urgenza, nella quale la parte più debole sono i pazienti. Siamo stati i primi a segnalare il collasso della sanità dei proclami, mentre ancora si discute dell’apertura e degli sprechi dell’ospedale Covid alla Fiera del Levante.

L’INTERVENTO – Un’automedica e un’ambulanza India, intorno all’una di notte vengono inviate al quartiere San Paolo di Bari. Venticinque minuti dopo, gli operatori sono a casa di un uomo di 79 anni in gravi condizioni, covid positivo e con diverse patologie.

L’ARRIVO AL PRONTO SOCCORSO DEL SAN PAOLO – Su indicazione della Centrale operativa l’ambulanza trasporta l’uomo all’ospedale San Paolo. Il Policlinico, stando a quello che sappiamo, riferiva di non avere più posti disponibili. I mezzi, col paziente a bordo, in codice rosso, arrivano al San Paolo intorno alle 2.21. Nonostante la situazione, il medico del Pronto soccorso avrebbe rifiutato l’accettazione e il triage. Nell’area covid dell’ospedale – stando a quanto riferito dagli equipaggi – non ci sarebbero stati posti disponibili.

IL TENTATIVO DI SBARELLARE NELL’AREA “PULITA” – Il tempo intanto passa, il paziente è in condizioni critiche. Lo stesso medico del Pronto soccorso avrebbe suggerito di recarsi nella cosiddetta area pulita, ovvero quella in cui vengono trattati i pazienti negativi al covid. Fosse confermato il racconto degli operatori 118, ciò che succede da questo momento sarebbe particolarmente grave. “Il medico dell’area pulita  – dicono – era in una stanza al buio, forse riposava, mentre tutto il pronto soccorso pulito era tranquillo e gli altri operatori non sembravano affaccendati”. “Alla richiesta di poter accettare il paziente – dicono amareggiati – il medico in turno avrebbe rifiutato di accettarlo nonostante fosse un codice rosso, non sarebbe uscito neppure a visitarlo o a fornire ossigeno per sostituire le bombole dell’ambulanza, ormai in esaurimento”.

L’INTERVENTO DELLA CENTRALE OPERATIVA – Nel frattempo il medico del 118 chiede ausilio alla Centrale operativa del 118. Il medico in servizio avrebbe riferito di non avere nessun’altra soluzione, suggerendo di prendere la decisione di portare il paziente altrove, ma negando l’autorizzazione.

LA CHIAMATA AI CARABINIERI – A quel punto il medico del 118 chiama il numero di emergenza 112. Il tentativo che fanno in molti pur di avere ausilio dalle Forze dell’ordine. Messo in comunicazione con la Questura di competenza, un ispettore avrebbe risposto di non avere alcuna giurisdizione in materia sanitaria e quindi non avrebbe inviato alcuna pattuglia, lasciando praticamente anche lui gli equipaggi e il paziente al loro destino.

LO SBARELLAMENTO – Dopo aver atteso inutilmente fuori al Pronto soccorso dell’ospedale San Paolo, senza ricevere alcuna indicazione né dal Pronto soccorso né dalla Centrale operativa, alle 5 del mattino, con il paziente ancora in ipossia e anuria, il medico del 118 chiede alla Centrale di reinviare un “alert” per potersi spostare al Policlinico di Bari, dove finalmente, 15 minuti dopo, il paziente viene preso in carico dal MUSI del Pronto soccorso. “Va dato atto definitivamente che il Policlinico di Bari è l’unica struttura operativa per COVID su cui poter fare affidamento”, spiegano gli operatori del 118.

L’AMAREZZA E LE CONSIDERAZIONI DEGLI OPERATORI 118 – Nonostante la comprensione per un periodo di criticità e di confusione generale, dovute all’improvviso aumento dei casi di COVID, bisogna stigmatizzare alcuni comportamenti che non dovrebbero esistere in un Paese civile, che si vanta di avere uno dei sistemi sanitari più efficienti del mondo.

1. Non è possibile che un Pronto soccorso, quantunque non abbia posti letto liberi, si rifiuti di accettare un paziente in codice rosso, in pericolo di vita, adducendo la semplice motivazione che sono saturi e non degnando neanche di uno sguardo il paziente, che potrebbe avere delle criticità ed esigenze che solo un ambiente attrezzato come un ospedale può fornire. La presenza del medico e degli infermieri del 118 non può esimere un medico di Pronto soccorso, che in quel momento non sta seguendo altri pazienti, dal dare un aiuto e un’assistenza adeguata a un paziente giunto al suo cospetto.

2. La Centrale operativa 118, nonostante sia in una comprensibile situazione di confusione e sovraccarico di lavoro (Di cui parleremo in seguito ndr.), non è giustificata quando decide di abbandonare l’equipaggio di 118 che sta chiedendo indicazioni in merito, liquidandolo con un semplice: “Decidi tu, sei libero di comportarti come credi, ma io non autorizzo lo spostamento dal pronto soccorso dove sei arrivato per darti un’altra destinazione”, lasciando la responsabilità medico legale di qualunque decisione, esclusivamente sulle spalle del medico del 118, che si trova al bivio se far morire il paziente in ambulanza, ferma davanti a un Pronto soccorso chiuso, oppure dirigersi verso un altro ospedale, dove probabilmente ricomincerà tutta la tragicommedia.

3. Sembra impossibile che le Forze dell’Ordine scarichino anch’esse la responsabilità sul medico del 118, in quanto affermano di non aver alcuna competenza quando si tratta di problemi sanitari, per cui rifiutano di inviare una pattuglia sul posto anche se solo per testimoniare una situazione paradossale.

4. Sembra così assordante il silenzio delle Istituzioni davanti a questo collasso generale, che non ha eguali forse nella storia dell’Italia intera. Viene impossibile pensare che un governatore di Regione e un assessore alla Sanità, non siano a conoscenza di queste problematiche che stanno mettendo in ginocchio l’emergenza, quanto meno della provincia di Bari, apparendo soltanto con annunci propagandistici, che poi non hanno mai riscontro con la realtà.

5. Non è possibile che un medico di Pronto soccorso possa rifiutare di prestare le cure ad un paziente portato dal 118, che il medico curante si rifiuti di andare a casa del paziente a visitarlo e non riesca a prescrivere una terapia idonea per tentare di trattare a domicilio la malattia da COVID; che la GUARDIA MEDICA non esca più per svolgere il suo lavoro e cioè quello di andare a visitare i pazienti durante la notte ed i festivi. Però se un medico di 118 rifiuta un intervento presso un paziente COVID positivo, perché sa che da quel momento comincia una odissea che potrebbe portarlo a girare la provincia anche per 6 o 7 ore, mettendo a rischio la vita del paziente che è andato a soccorrere, può essere accusato di omissione di soccorso.

Restiamo a disposizione di chiunque voglia precisare quanto successo o spiegare in quali condizioni si è costretti a operare in questo particolare momento legato alla terza ondata della pandemia.