foto di repertorio

In questo periodo abbiamo raccolto diverse storie di quotidiana sanità, vicende che di ordinario, a ben guardare, non hanno assolutamente nulla. Di questi episodi vi daremo conto nei prossimi giorni, quella che segue, invece, è la testimonianza diretta di un operatore del 118 esattamente come ci è stata raccontata.

Stanotte mi sono vergognato ed è stato un fallimento per noi sanitari. Le due postazioni 118 di Giovinazzo (India e automedica) sono state al quartiere San Paolo di Bari. Un uomo sulla cinquantina d’anni positivo al covid era in difficoltà respiratoria, almeno questo diceva il dispatch della Centrale operativa. Nell’abitazione è salito solo il personale dell’automedica (medico e infermiere), come consigliato dalla stessa centrale per evitare di inquinare anche l’India. Non so dirti se la speranza fosse quella di un intervento medico sul posto.

Dopo la visita, il medico ha deciso di trasportare il paziente al pronto soccorso. Giunti al pronto soccorso intorno alle 21 – come ormai di consueto nei vari pronto soccorso – il paziente non viene accettato fino a quando non hanno la certezza che venga preso in carico da loro. Già questo, a mio parere è di per sé grave, perché il Pronto Soccorso ha l’obbligo di accettare qualsiasi tipo di paziente, indipendente dalla disponibilità dei posti letto, anche perché noi del 118, arrivati in ospedale, per poter stampare la scheda di ambulanza siamo costretti a convalidare quella in cui nello stesso tempo conferma la destinazione e l’orario di arrivo. Spiegherò successivamente ai non addetti ai lavori il motivo di questo passaggio.

La situazione era già disperata in quanto era presente un’altra ambulanza in attesa ormai dalle 18. Al nostro arrivo il personale medico della zona grigia aveva confermato che non c’erano posti letto e che non avrebbero accettato il paziente, senza dirci neppure se ci sarebbe stata prima o poi la possibilità di sbarellare. Abbiamo evidenziato la problematica alla Centrale operativa, sperando in una destinazione alternativa, con possibilità più di far accettare il paziente. Ci comunicano che la situazione era uguale in altri pronto soccorso e quindi non dovevano spostarci da lì.

Dopo varie chiamate alla Centrale Operativa, sia da parte nostra, che dai colleghi in attesa prima di noi, sono riusciti a far accettare il paziente alle ore 23:30. Si era liberato un posto in zona grigia. All’1 della notte, quindi dopo 4 ore, il medico sempre della zona grigia continuava a confermarci che non ci avrebbero accettato, sempre per mancanza posti letto. Rimaniamo sempre in contatto con la Centrale, ma purtroppo senza avere alcun effetto.

Eravamo fuori al freddo, per poterci riscaldare e riscaldare anche il paziente, siamo rimasti con l’ambulanza in moto. Durante l’attesa abbiamo finito una delle due bombole d’ossigeno, che era in somministrazione continua al paziente. Dopo 5 ore di attesa, quindi alle 2, il paziente, stanco e senza nessuna possibilità di poter essere accettato in Pronto Soccorso, decide di ritornare a casa, prendendosi la responsabilità legale di abbandonare il Pronto Soccorso contro il parere dei sanitari. Siamo tornati in postazione sfiniti e con il morale sotto i piedi.

Formalmente non risulterà da nessuna parte che il paziente sia mai arrivato in Pronto Soccorso, poiché non è stato neppure triagiato. Ho fatto questa precisazione perché non ci può essere un paziente fantasma. Nella nostra scheda, in Pronto Soccorso il paziente è stato portato alle 21, ma nei documenti di accettazione, che non c’è mai stata, la presenza di quel poverino non risulterà da nessuna parte. Mi faccio sempre la stessa domanda: ma legalmente, durante l’attesa “fantasma”, chi ha la responsabilità nel caso in cui un paziente abbia un peggioramento o addirittura muoia?