I controlli della Polizia di Stato e degli agenti della Locale proseguono tra i tuguri del Libertà. Stamattina il blitz è scattato ad angolo tra via Tenente Casale Figoroa e via Bavaro, in un ex locale commerciale adibito a fatiscente abitazione in cui viveva un’intera famiglia straniera con più di un minore.

È solo uno dei tanti tuguri di cui abbiamo cercato di descrivere l’acre odore di muffa, una di quelle catapecchie finite nel mirino del sindaco di Bari. Le due ordinanze firmate qualche settimana fa da Decaro sono state solo le prime sferzate nella guerra al degrado che attanaglia alcuni stabili del quartiere Libertà. Ai due proprietari, nello specifico quelli del civico 424 e del 395, è stato intimato di ripristinare a proprie spese “le condizioni igienico-sanitarie” dello stabile entro 30 giorni. Un provvedimento urgente che mira anche a stanare eventuali affitti in nero e la presenza di un numero eccessivo di occupanti in pochi metri quadrati.

Il fenomeno, come più volte dimostrato, sarebbe generalizzato nel quartiere. Sono tanti, tantissimi, i depositi, le cantinole, i garage trasformati dai proprietari in improbabili appartamenti per lucrare sui migranti. In via Dante qualche eccezioni esiste, ed è bene sottolinearlo. È il caso del civico 395, palazzina ingiustamente soggetta all’ordinanza sindacale. “Questo stabile è abitato dalla classe media – ha affermato il proprietario di cui abbiamo raccolto la smentita – qui risiedono anche una donna brasiliana e una filippina, ma tutte le norme igieniche e contrattuali sono rispettate”.

Sfortunatamente si tratta di una parentesi, una mosca bianca. Chiuso il roseo portone, infatti, il nostro reportage di viaggio in quello che può essere definito quasi un inferno dantesco, citando il poeta a cui è dedicata la strada dei tuguri, riprende. Prima e dopo il civico 395, dal 389 al 401, la mosca bianca lascia spazio a blatte, scarafaggi, muffa, intramezzi di fortuna e monolocali ciechi che accolgono decine di migranti, ospiti e amici di amici.

Siamo entrati nell’ex garage di Cristian, un muratore rumeno che dietro quella saracinesca vive con tutta la sua famiglia. Abbiamo varcato la soglia del monolocale di Mohamed, spazio che del tepore di casa non ha nulla e dove il giovane vive, a suo dire, con solo tre connazionali del Bangladesh. Abbiamo per poco mancato le presentazioni con gli ospiti indesiderati di Francesco: scarafaggi con cui sua moglie, la figlia, la nipotiana e lui devono fare i conti ogni giorno, insetticida alla mano. Abbiamo respirato l’odore di umidità del tugurio al civico 401, “il contratto c’è, ma a nome di un mio amico” ci dice un ospite di lunga data. Abbiamo infine salutato un giovane aiuto chef e la moglie, intenti a dipingere la stamberga in cui vivono, con l’augurio di incontrarli presto in una casa vera e dignitosa.

La dignità grande sconosciuta. Non ci riferiamo a chi è costretto a sopravvivere in queste condizioni, ma a chi lucra sulla vita dei meno fortunati. Ci siamo fatti una nostra idea e continueremo a svolgere un mestiere di sostegno alle operazioni della Polizia Locale che, visto il numero di gru e cestelli elevatori piazzati in ogni angolo del Libertà, sembra aver proprio centrato il segno.