“Gentile direttore (Gaetano Dipietro ndr.), la informo che non è possibile dotare gli operatori del 118 dei dispositivi di protezione individuale causa, nella giornata di oggi 6 aprile 2020, mancanza“. La risposta alla richiesta della Centrale Operativa del 118 Barese fornita da Matteo Salzo, sostituto del direttore si coordinamento Antonio Di Bello, è diventata un caso che ha provocato grande imbarazzo alla Asl di Bari e grossi guai al dirigente medico.

In queste settimane abbiamo raccolto decine e decine di segnalazioni (l’ultima è un’intervista al medico Francesco Papappicco) su ambulanze in stand by e interventi rifiutati per la mancanza dei dispositivi di protezione da parte degli equipaggi del 118. Medici, infermieri, autisti e soccorritori hanno impiegato più volte – quando li hanno ricevuti – calzari da piscina, buste d’immondizia e tute da imbianchino al posto dei dispositivi a norma. Circostanza confermata dalla stessa Asl Bari.

Senza contare la mancanza di mascherine e il dibattito su quali dovessero essere quelle più opportune da impiegare. Il dottor Matteo Salzo, che a quanto pare avrebbe visto personalmente insieme ad almeno un altro paio di persone il magazzino vuoto, avrebbe più che altro compiuto un grave atto di insubordinazione. A Salzo ha fatto eco il coordinatore del 118 Di Bello, che evidentemente ritiene insussistenti le denunce avanzate dagli operatori del 118.

La dichiarazione che sta creando sconcerto tra gli equipaggi 118 di tutto il Barese è arrivata a mezzo comunicato stampa inviato dalla Asl di Bari. “Il servizio di emergenza e urgenza della Asl è attivo, funziona e assicura senza interruzioni l’assistenza ai pazienti – dichiara il direttore del 118 Antonio Di Bello – non soltanto per l’emergenza Covid  ma anche per gli altri casi che necessitano di un intervento tempestivo. Gli operatori sono stati riforniti dei DPI e sono nelle condizioni di poter gestire il servizio nella massima sicurezza e protezione”.

Massima sicurezza e protezione? Sì, il coordinatore del 118 ha proprio detto che le tute non a norma, i camici da partoriente, i calzari da piscina o le buste d’immondizia e le ambulanze in stand by per la mancanza di mascherine e altri dispositivi di protezione individuale sono una bufala. “È stata un’iniziativa autonoma e non autorizzata da parte di un mio sostituto che a mia insaputa – continua Di Bello – ha scritto che non eravamo più in condizioni di garantire il servizio”.

Nella missiva Salzo barrava chiaramente il nome di Di Bello (escludendolo quale mittente della comunicazione indirizzata alla Centrale Operativa del 118) e dopo aver constatato personalmente le forniture, ha risposto mettendoci la firma. I dpi mancavano il 6 aprile e purtroppo sono mancati per tanto tempo prima di quella data. Evidentemente Salzo non ha avvisato Di Bello (i due non hanno un buon rapporto), forse impegnato nell’ospedale di Altamura.

Di Bello, lo ricordiamo, anche in questa emergenza di portata mai vista prima, è rimasto contemporaneamente responsabile del coordinamento del 118 barese e del pronto soccorso della Murgia, uno degli ospedali rimasti coinvolti in maniera significativa dall’emergenza coronavirus. Per aver detto ciò che era la reale fornitura di dispositivi di protezione del 118, Salzo dovrà affrontare un provvedimento disciplinare a fine giugno. Non è il tempo delle polemiche, ma non dovrebbe neppure essere quello della mistificazione della realtà. Dibello, per chi non lo ricordasse, è stato il principale accusatore di Francesco Papappicco e Francesca Mangiatordi, medici costretti a incatenarsi e subire procedimenti disciplinari per aver contestato la sua gestione del 118 e del pronto soccorso dell’ospedale Perinei.