Mare del Salento (Facebook)

Sono 40 anni che vengo a Cisternino. Io sono da sempre una turista che trascorre qui almeno un mese di vacanza. Sono un’imprenditrice, non ho mai avuto problemi economici per vivere questa terra. La carta vincente di Cisternino era il poter mangiare in famiglia, più persone con 20-25 euro. La Puglia ha perso semplicità”.
Inizia così il video social di una vacanziera milanese, che spiega di venire a villeggiare da noi tutte le estati, e di aver portato indotti, facendo fiorire l’economia pugliese come non mai.

Ora, è Ferragosto, e sono due mesi che mi riprometto di non entrare in quel girone infernale della polemica caro prezzi dal Gargano al Salento per l’estate 2023, perché credo che la ragione sia nel mezzo. Ne ho sentite e viste di ogni, dai leggendari lidi a 100 euro al giorno a Monopoli, alla frisella a 16 euro, alla cozza Foggiana troppo cara e poco ripiena, al pasticciotto Leccese oltre i 10 euro, buono, ma con quella punta di crema in meno rispetto allo scorso anno. Il tutto corredato da scontrini diventati virali, ormai sport estivo che testimonia le batoste prese dai villeggianti, ma fa sorgere il dubbio che ci si sieda al bar solo per poi pubblicarne i prezzi. Ma questo è un altro discorso. Torniamo al punto.

Stamattina mi sono ritrovata dinanzi al filmato della signora nordica, immersa nella splendida cornice dei trulli bianchi di Cisternino, e incuriosita ho pigiato play. Ben 5 minuti in cui ho alternato iniziali cenni della testa ed espressioni di approvazione a smorfie di disaccordo, per poi sentire un brivido finale lungo la schiena. Il discorso della turista milanese, che mi ha ricordato non poco la carismatica capitalista interpretata dalla strepitosa Melato in “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto” di Lina Wertmüller, è riuscito a far sorgere in me un numero sterminato di riflessioni contrastanti.

La cucina pugliese è basica, semplice, fatta di materie prime povere. Le friselle non sono altro che pane e pomodoro. Se uno mi dice che c’è l’incremento dei prezzi delle farine…sì, tutto quello che volete, ma allora a Milano una frisella dovrebbero farla pagare 200 euro. Questa è semplicemente speculazione, perché un’orecchietta al pomodoro è passata da 7 a 14 euro”. Giusto, tutto vero, non fa una grinza. “Questa terra si è persa“, aggiunge la signora. E si è persa perché, a suo dire, qualche anno fa si potevano trascorrere vacanze semestrali a poche migliaia di euro, e ciò onestamente mi lascia perplessa, facendomi pensare di esser vissuta in una Puglia del metaverso in cui tutto aveva dei prezzi accettabili, ma più o meno in linea con il sud Italia. Quindi, un’intera regione si sarebbe persa perché un tempo in estate ti raggiungevano gli amici da Milano e potevi pagar loro la cena al ristorante, senza preoccuparti di dividere il centesimo alla romana.

“Bisognerebbe mettersi la mano sul cuore e capire che non è un complotto. La Puglia è sempre stata vincente per la sua semplicità“. Vero anche questo, ma non solo. Perché nella nostra semplicità, tradizione, arte enogastronomica, cultura nobiliare, marinara e contadina c’è un mondo di complessità e di bellezze che chi guarda la Puglia con l’ottica del colonizzatore in cerca di risparmio non vedrà mai. Il modo di argomentare usato dalla signora mi ha turbato. Lei ha elencato con lucidità una serie di tesi legittime contro il vertiginoso aumento dei prezzi dalla costa all’entroterra, ma allo stesso tempo non è mai riuscita a pronunciare l’aggettivobella” in riferimento a Cisternino e la Valle d’Itria. Ho continuato a visionare il filmato desiderosa di imbattermi almeno in un frammento di secondo in cui la turista si dichiarasse, anche per sbaglio, innamorata dei panorami bucolici mozzafiato, del mare cristallino, dei centri antichi intrisi di sacro e profano, così come del nostro passato da dominati e dominanti. Eppure niente. Come se non esistesse meraviglia nei borghi federiciani, nelle cattedrali leccesi, nell’artigianato e la moda ispirati dai colori della Murgia. Solo semplicità e convenienza.

Alla signora, come a tanti altri vacanzieri e pure agli autoctoni, piace l’idea stereotipata di una penisola del Mezzogiorno ricca di luoghi e buon cibo, ma potente nella sua miseria, umiltà, che si fa piccola piccola per essere notata. Non mi sarei stupita se la turista avesse detto di essere amareggiata dal non vedere bambini, giovani e anziani ancora tra gli uliveti in sella al muletto, mentre intonano canti della pioggia per il raccolto e si insultano a vicenda in vernacolo. Come se si scegliesse di venire in vacanza in Puglia solo perché qui “la vita appare lenta” – un altro stereotipo -, e le donne vivono nei sottani, aspettando il turista nel vicoletto per regalargli una busta di taralli o strascinate. Perché stando a tali pensieri, solo questo abbiamo e siamo in grado di dare. Cibo, folklore e simpatia, e quindi ci basta il turismo di una volta per sopravvivere, ci basta essere abbordabili per i colonizzatori oltre il Po, volare basso, accontentarci delle briciole e fare pure l’inchino, sempre.

Avete voluto portare i vip, okay. Qua ci sono sempre state persone estremamente importanti, ma sapete il gioco qual era? Era arrivare qui con le infradito, pantaloncini e maglietta, mettersi al bar della piazza, leggersi il giornale nell’anonimato più anonimato. Non serviva fare le sfilate di moda, quello lo lasciavamo a Portofino o in Costa Smeralda, perché era giusto farlo in quelle zone”. E ancora: “Se vengo a Cisternino e mi viene proposta la spigola turbante, anche no. Datemi il piatto tipico. Perché fare la purea di fave con la marmellata di cipolle su un piatto di ardesia?! Io voglio la cofana a Cisternino con la purea di fave e tutte le verdure“. Qui ammetto che hanno cominciato a sanguinarmi le orecchie e anche gli occhi, soprattutto dopo aver letto i commenti d’approvazione dei miei corregionali sotto il video.

Quindi fatemi capire: in Puglia non si devono fare le sfilate, non si può mangiare qualcosa che vada oltre la cucina di nonno Nicola e nonna Giuseppina, non si può fare turismo di lusso, né tantomeno tentare di evolversi in nessun altro ambito. La Puglia è praticamente un nonluogo, deve restare immobile, cristallizzata in un’idea di penuria, che di fatto non è mai esistita, perché territorio amato da Madonna e grandi artisti internazionali da più di vent’anni. Ma fortunatamente le Puglie guardano dritto al futuro, si intrecciano, facendo della loro genuinità locale, delle contaminazioni emotive e ospitali, ricchezza. Ed è così che il tacco d’Italia non fa altro che adeguarsi all’incremento dei prezzi nel Belpaese, seguendo proprio il cattivo esempio del turismo in salsa milanese, veneta, toscana e isolana. “Bisogna mettersi le mani sul cuore e fare un’analisi”, ribadisce la signora. Come darle torto, urge farla questa riflessione, andando oltre la polemica dei costi, per comprendere se davvero gradiamo continuare a essere considerati solo terra di macchiette e grandi abbuffate.