Clima da resa dei conti all’interno dell’Arif, l’Agenzia carrozzone regionale per le attività irrigue e forestali della Puglia. Uno spudorato postificio pubblico in cui trovano il loro habitat naturale figli e amici di politici e dirigenti dello stesso ente.

Il Progetto Maggiore, di cui abbiamo parlato in lungo e in largo senza che nessuno sia stato assaltato dalla voglia di intervenire, è il simbolo di come possa essere mal gestita la cosa pubblica a favore di pochi eletti. Alla faccia della fuga dei cervelli e delle migliori risorse parcheggiate in panchina.

Recentemente il direttore generale, Francesco Ferraro, è stato ascoltato in Commissione Regionale. Ha chiesto più soldi a Pantalone perché non bastano i 40 milioni di euro l’anno percepiti nel 2021. Ci vogliono più denari, ma con questa gestione di milioni non be basterebbero 50. In attesa di sapere se davvero questo mese non ci sono i soldi per gli stipendi, che assorbono 33 milioni di euro del bilancio complessivo (una mostruosità), nessuno in Commissione ha fatto una domanda al direttore generale Ferraro: che fine fanno i soldi per l’erogazione dell’acqua nei campi pugliesi incassati dall’Arif?

Tre, 4, forse 5 milioni, non è dato saperlo, almeno non ci sono tracce evidenti. Si tratta di soldi che evidentemente si sommerebbero ai 40 milioni di euro che la Regione Puglia ha versato nelle casse dell’Arif per il 2021. Nonostante tutto quello che abbiamo denunciato e ancora denunceremo, tra magagne, conflitti di interesse, sprechi, assunzioni allegre e molto altro ancora, c’è sempre una discreta copertura. E la politica tace, a tutti i livelli.