Il 10 gennaio 2006, il “re del grano” Francesco Casillo venne arrestato e passò undici giorni in carcere e dieci giorni ai domiciliari per un’accusa che si è accertato poi fosse infondata, trattandosi in realtà di una truffa messa in piedi dagli ex pm di Trani, Antonio Savasta e Michele Nardi. Dopo 15 anni dall’accaduto, la Cassazione ha deciso che Casillo dovrà essere risarcito per l’ingiusto arresto che lo ha reso un detenuto per tre settimane.

Ai tempi fu proprio Savasta, su ordinanza cautelare emessa dal gip Nardi, a condurre l’inchiesta che portò all’arresto dell’imprenditore riguardo il presunto grano contaminato all’ocratossina. Solo dopo sei anni Casillo venne assolto da tutte le accuse, grazie alle analisi che stabilirono che il grano fosse buono e non fosse stato minimamente contaminato dall’imprenditore tranese. Nel 2016, Casillo ha potuto chiedere allo Stato il risarcimento che tutti coloro che sono stati ingiustamente arrestati possono ricevere e, nel 2019, ha potuto dichiarare ai pm di Lecce che in realtà si trattò totalmente di un incredibile tentativo di estorsione nei suoi confronti da parte dei due pm.

“Mentre ero in carcere, immediatamente dopo il mio arresto – aveva raccontato Casillo ai carabinieri – Enzo Perrone (un amico di famiglia) venne avvicinato da Antonio Longo, capo di una cooperativa di vigilanza privata e che per quanto mi è dato a sapere era molto amico di Savasta e Nardi. Costui anticipò al Perrone che il giorno seguente sarebbero stati arrestati tutti gli altri miei fratelli e gli suggerì di rivolgersi immediatamente agli avvocati Miranda Vincenzo di Trani e Domenico Tandoi di Corato i quali avevano rapporti con i due predetti magistrati”.

Difatti accadde proprio questo, e Casillo continua a raccontare: “Mi ha riferito Perrone che lui si recò subito da Miranda, a distanza di qualche ora dalle misure restrittive, e chiese come doveva comportarsi. Miranda gli rispose che lui costava un milione di euro e Enzo non intuì subito a cosa si riferisse. Alle sue legittime richieste di chiarimenti, Miranda affermò che erano necessari 250mila euro a fratello aggiungendo che il suo potere contrattuale gli avrebbe consentito di dare a breve un segnale, ovvero la liberazione di mia sorella che poi in effetti è avvenuta. Enzo, alle richieste del Miranda, contattò subito mio padre con il quale reperì la cifra di 400mila euro che consegnò in diverse tranche ed in diversi momenti al Miranda. Queste ultime circostanze naturalmente le ho apprese direttamente da Enzo Perrone che, con non poche difficoltà, me le ha raccontate”.

Il clima del Tribunale di Trani è stato ricostruito tramite questa vicenda giudiziaria oramai prescritta e l’allora pm Fabio Buquicchio ha dichiarato alla Procura di Potenza che questo fosse un posto nel quale: “Il dottor Savasta, in vista di sequestri anche del tutto infondati da effettuare, ovvero a seguito di sequestri effettuati, sguinzagliava alcuni suoi avvocati ‘di fiducia’ che stavano al suo gioco, i quali, a loro volta, avvicinavano i destinatari di tali sequestri e facevano intendere che pagando una parcella cospicua avrebbero risolto i loro problemi”.

La richiesta di risarcimento di Casillo è stata respinta già due volte negli scorsi anni, ma in questi giorni la Cassazione ha stabilito che la Corte d’appello dovrà pronunciarsi di nuovo. Intanto, tramite le sentenze di Lecce, Michele Nardi è stato condannato a 16 anni e 9 mesi e Antonio Savasta a 10 anni, il quale si trova attualmente ai domiciliari ma che dovrà tornare in carcere nel caso in cui la condanna definitiva non dovesse scendere sotto i 7 anni.