L’Istituto nazionale di statistica e l’Istituto Superiore di Sanità hanno pubblicato oggi il “Rapporto sulla mortalità della popolazione residente”. Trenta pagine per fornire una lettura integrata dei dati epidemiologici di diffusione dell’epidemia di Covid-19 e dei dati di mortalità totale acquisiti e validati da Istat. I dati di mortalità totale si riferiscono al primo trimestre consolidato 2020 e riguardano 6.866 comuni, pari all’87 % dei 7.904 complessivi.

Andando dritto al punto, rispetto al mese di marzo dello scorso anno, i morti in Italia sono aumentati del 49,4%. “A causa della forte concentrazione del fenomeno in alcune aree del Paese –  i legge nel rapporto – i dati riferiti a livello medio nazionale appiattiscono la dimensione dell’impatto della epidemia di Covid-19 sulla mortalità totale”. Non a caso, in 38 province i decessi sono più che raddoppiati, a Bergamo si è registrato un +564%. Numeri che dovrebbero far riflettere soprattutto quelli che a inizio emergenza definivano il coronavirus poco più che una banale influenza.

La diffusione geografica dell’epidemia di Covid-19 è eterogenea. Nelle Regioni del Sud e nelle isole, la diffusione delle infezioni è stata molto contenuta, in quelle del Centro, è stata mediamente più elevata rispetto al Mezzogiorno mentre in quelle del Nord la circolazione del virus è stata molto elevata.

Le province più colpite dall’epidemia hanno pagato un prezzo altissimo in vite umane, con incrementi percentuali dei decessi nel mese di marzo 2020, rispetto al marzo 2015-2019, a tre cifre: Bergamo (568%), Cremona (391%), Lodi (371%), Brescia (291%), Piacenza (264%), Parma (208%), Lecco (174%), Pavia (133%), Mantova (122%), Pesaro e Urbino (120%). Al sud, nelle aree a bassa diffusione (1.817 comuni, 34 province per lo più del Centro e del Mezzogiorno) i decessi del mese di marzo 2020 sono mediamente inferiori dell’1,8% alla media del quinquennio precedente.