La situazione è letteralmente sfuggita di mano e tanti stanno cavalcando la paura e il malcontento generale per instillare teorie bizzarre. C’è persino chi paragoni gli operatori del 118 a veri e propri terroristi, senza avere la minima percezione di cosa questi eroi maltrattati, per meglio dire martiri, siano costretti a subire ogni santo giorno. A volte dimentichiamo che in quelle ambulanze, mai vuote e con le sirene accese per il solo gusto di terrorizzare la popolazione, possa finire chi amiamo sopra ogni cosa. Nessuna difesa d’ufficio, ma un atto di consapevolezza e richiamo al rispetto di un mestiere, quello svolto nell’emergenza – urgenza, delicato e indispensabile soprattutto in questo particolare momento. Lasciamo che a parlare siano due operatori del 118, un’infermiera e un autista-soccorritore.
LO SFOGO DELL’INFERMIERA 118 – Per chi crede che siano foto ritoccate quelle pubblicate dal Quotidiano Italiano, questa sono io ieri sera in un intervento durato dalle ore 13 alle 20. La corsa con il tempo (avevo un codice che da verde era diventato rosso nel trasporto) e poi fermi ad aspettare più di due ore che qualcuno si degnasse di venire a vedere la paziente, che alla fine saturava 84 con ossigeno a 9. Quando si sono resi conto che la signora peggiorava l’hanno fatta entrare e poi l’attesa di cinque ore. M domando: ma bisogna essere parenti di un dottore? Bisogna avere dei privilegi? Non sto delirando, parlo per giusta causa. E dopo l’odissea ritorni a casa e leggi post che affermano che si fa terrorismo mediatico. Leggi che stiamo esagerando. Ma che ne sapete voi della nostra disperazione quando cerchiamo di dare tutto noi stessi? Che ne sapete di come corriamo e rischiamo per la strada a bordo di un’ambulanza per arrivare in tempo, prima a casa del paziente e poi in ospedale? Che non sempre, o meglio quasi mai, ci accettano nei pronto soccorso e quindi ti rimetti a correre verso una nuova meta, pregando di arrivare in tempo per salvare il paziente? Solo raramente abbiamo un grazie, anzi ieri un parente (che ringrazio per la gentilezza e il pensiero) ha portato la cioccolata calda a tutti quelli che come me e la mia squadra (eravamo dieci ambulanze in attesa al Policlinico di Bari) aspettavano da ore. Poi mi chiedo perché continui ad amare il mio lavoro. Invito tutti quelli che non credono a  bardarsi per ore come noi, a essere umiliati, ma resistere per il bene del paziente. Sono stata molto prolissa, vi chiedo scusa, ma avevo bisogno di questo sfogo, per me e per i miei colleghi del 118 senza escludere nessun ruolo: medici, infermieri, autisti e soccorritori. Una sola preghiera: rispettateci di più e rispettate la nostra missione. Grazie a chi lo farà, Anna Bellezza, infermiera 118. 

 

LO SFOGO DELL’AUTISTA-SOCCORRITORE 118 – “È arrivato il momento di dire basta al massacro in atto nei nostri confronti. Non siamo terroristi e non andiamo in giro nelle ambulanze vuote con le sirene accese in accordo con i media per terrorizzare la popolazione. In qualità di operatore del 118, orgoglioso del lavoro che svolgo, mi sento offeso e umiliato da esternazioni superficiali e pericolose. Il paradosso è che spesso i commentatori sono le stesse persone aiutate in passato. Vorrei tanto fosse possibile dare a questi fenomeni la possibilità di toccare con mano cosa facciamo e subiamo durante le 12 ore del nostro turno in ambulanza. Rischiamo la nostra vita e mettiamo in peridolo la salute dei nostri cari e dei nostri figli per salvare la vostra. Dite pure che la Terra è piatta, che il virus è un complotto e quindi non esiste, che le mascherine fanno male, che chi ci governa fa schifo, dite tutte le stronzate che vi pare, ma non permetto a nessuno di voi le offese e le denigrazioni verso il nostro operato. Con rabbia e rammarico, Nicola Mastrocesare, operatore del 118 barese”.