“Si informano i produttori che per consegnare il prodotto è necessario poter dimostrare di essere iscritti alla rete di lavoro agricolo di qualità”. Diciture come questa, stampate su cartelli affissi all’ingresso di tutti gli stabilimenti pugliesi, hanno mandato nel panico i produttori di ciliegie baresi e acceso la polemica su una nuova legge che evidentemente porta in dote ancora qualche lato oscuro.

La certificazione di “rete di lavoro agricolo di qualità” ad adesione volontaria avrebbe dovuto portare a zero l’utilizzo di manodopera a nero nelle campagne per la raccolta dei frutti ma gli agricoltori lamentano un sistema non ancora perfetto che tuttavia, essendo già attivo, mette a rischio in maniera significativa i loro guadagni.

«Ne va di mezzo il raccolto delle ciliegie – spiega Filippo Di Venere, agricoltore e apicoltore di Adelfia -. Molti ciliegeti di Puglia sono a conduzione familiare ma questa nuova legge di fatto non lo rende possibile. Il raccolto sembra essere abbastanza buono ma tanti produttori stanno lasciando le ciliegie sugli alberi perché non sanno come muoversi».

«I produttori più grossi si sono organizzati ma i più piccoli, che rappresentano oltre il 50% del comparto totale, sono stati messi al palo – continua Di Venere -. Tutto questo in un contesto che vede ancora l’’utilizzo di fertilizzanti e veleni, seppure sottobanco. Alcuni prodotti in Italia non li vendono più, ma c’è chi senza troppi problemi li fa arrivare dall’Albania».