foto di repertorio

Soccorso ad alta tensione questa sera, intorno alle 20.30, per l’equipaggio del 118 di Palese. L’ambulanza medicalizzata della postazione più vicina all’indirizzo da dov’è arrivata la chiamata, via Miglionico, al quartiere San Paolo di Bari, è bloccata al pronto soccorso dell’ospedale Di Venere. Non riesce a liberare la barella. In una decina di minuti arriva da Palese quella con l’infermiere a bordo. Un codice giallo. Inizialmente si pensa a una sincope. Il paziente sta vomitando sangue.

Ad aspettare i soccorritori ci sono alcuni parenti del paziente. Autista, infermiere e soccorritore non fanno in tempo ad uscire dal mezzo che vengono subito aggrediti e presi a parolacce. Uno dei familiari, rivolgendosi all’autista, dice: “Se mio padre muore finisce male, ti taglio la testa”. La situazione è incandescente. L’equipaggio non riesce neppure a prendere generalità e parametri vitali dell’uomo, le cui condizioni appaiono da subito molto gravi.

I parenti, infuriati, vorrebbero che l’ambulanza vada direttamente al padiglione Chini, al Policlinico, ma i soccorritori li fanno ragionare e vanno pronto soccorso dell’ospedale San Paolo. Arrivati sul posto altre urla e imprecazioni. I passeggeri dell’auto che ha tallonato l’ambulanza per tutto il tragitto, aprono il portellone del mezzo di soccorso e tentano di sradicare la barella senza togliere il fermo che la tiene ancorata.

A quel punto la corsa in sala rossa senza passare dal triage, a causa delle gravi condizioni del paziente, ma anche per questioni di ordine pubblico. “Me ne sono capitate tante – racconta un soccorritore – ma questa volta ho temuto davvero per la nostra pelle”. Abbiamo raccontato mille volte che per via dei tempi di sbarellamento nei pronto soccorso cittadini qualcuno prima o poi avrebbe rischiato grosso.

Senza contare che, come denunciato altre mille volte, questo è proprio il caso in cui vengono messi a nudo i limiti di far salire sulle ambulanze soccorritori per così dire volontari. Fosse rimasto ferito, al volontario nessuno avrebbe provveduto, perché esercita il suo lavoro – di un lavoro si tratta – senza alcuna tutela. E intanto i rappresentanti della politica e delle istituzioni dormono sonni tranquilli, certamente più tranquilli di chi ogni santo giorno rischia la vita per un tozzo di pane.