A lungo sedotti, ma poi abbandonati a due passi dalla stabilizzazione. Sono i 3.500 ricercatori precari che mandano avanti i progressi registrati dai 21 Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) italiani. La legge di bilancio potrebbe dare un futuro a circa 2mila di loro, da una vita sul filo di un rasoio a mille, al massimo 1.400 euro al mese.

La Commissione Bilancio del Senato ha recentemente approvato un emendamento a firma di Francesco Verducci (PD), che a regime stanzia 50 milioni l’anno. Siamo ad un bivio epocale, ma si corre ancora una volta il rischio di mandare tutto in fumo, svuotando di significato gli IRCCS, che verrebbero ridotti a semplici ospedali.

Eppure, dietro le attuali terapie e protocolli, c’è il lavoro incessante dei ricercatori, nella maggior parte dei casi precari. Non semplici tecnici di laboratorio, come erroneamente li etichetta qualcuno. Ragazzi cresciuti studiando, continuamente alla ricerca di migliorie per il bene di tutti, alcuni dei quali aspettano dal ministro di sapere cosa scrivere sulla torta  delle nozze d’argento con la ricerca: “Precario o disoccupato a vita?”. La risposta potrebbe non tardare ad arrivare.

Per capire meglio il lavoro dei ricercatori siamo stati all’IRCCS De Bellis di Castellana Grotte, eccellenza italiana nel campo della gastroenterologia. Una cinquantina i ricercatori coinvolti in questo momento fondamentale per il futuro della ricerca, in Italia ancora troppo vincolata a maratone e raccolte fondi. A sostegno della protesta anche il professor Gianluigi Giannelli, direttore scientifico del De Bellis.

Insieme a lui siamo stati nel laboratorio di Medicina Personalizzata, in cui a breve sarà operativo il primo microscopio in Italia comprato coi fondi del Ministero della Salute, attraverso il quale si potrà mettere in piedi un sistema in grado di registrare il movimento delle cellule per 48, 72 o addirittura 96 ore. Una vera e propria camera di registrazione, coordinata da un potente computer per comprendere come le cellule vivono, si trasformano e muoiono.

Siamo all’essenza della questione. Quel microscopio è solo uno strumento spento senza un operatore che sappia usarlo ed analizzare i dati. In uno dei paesi peggio messi in fatto di ricerca al mondo, è ora di dare un segnale forte, stabilizzando per meriti i ricercatori precari. In caso contrario faremo un ulteriore passo indietro, che pregiudicherebbe il futuro di tanti giovani e il destino di chi spera nei risultati della ricerca per riuscire a guarire da un male adesso incurabile.