Celebriamo la giornata dell’ipocrisia e della mancata integrazione. Quando abbiamo deciso di dare a Samuka la possibilità di imparare un mestiere a lui sconosciuto, quello del cameraman, sapevamo che non sarebbe stato facile, ma non avremmo mai potuto immaginare di dover gettare la spugna così presto. Nemmeno un mese di lavoro effettivo.

Offese e commenti poco piacevoli hanno lasciato subito spazio all’ormai celeberrima aggressione in via Davanzati. I picchiatori avevano lo stesso colore della pelle di Samuka, ma non mancavano un paio di professori di integrazione a prescindere all’Università della strada.

Poco male, ci siamo rimboccati le maniche e siamo andati avanti. Abbiamo deciso di prendere tempo, ma alla fine non c’è altra strada da percorrere se non quella di gettare la spugna. Nostro malgrado dobbiamo fare a meno di Samuka. Il 23enne Liberiano, infatti, all’indomani dell’aggressione è stato avvicinato da alcuni uomini di colore all’interno del Centro di accoglienza di Palese.

Gli è stato suggerito di non lavorare con noi: un nero non può denunciare insieme a un bianco atteggiamenti e crimini che non hanno nulla a che fare con la razza, la religione, il sesso e l’estrazione sociale. Buona fortuna Samuka. Sei rimasto prigioniero due anni in Libia prima di compiere la traversata, ma l’approdo che ti abbiamo proposto non è poi così sicuro. Peccato non essere riusciti ad insegnarti un bel niente.

Al campione che aveva iniziato “l’aggressione nera” in via Davanzati, rispondiamo che Samuka è stato adeguatamente pagato per imparare il mestiere: 650 euro per aver lavorato una media di 4 ore al giorno dalle 9 alle 13 dal lunedì al venerdì, con molti giorni di assenza, nel periodo compreso dal 5 novembre al 23 dicembre. Il Salutiamo i progressisti di maniera, quelli che usano il pretesto dell’integrazione per sfogare frustrazioni e nostalgie.