bari

Rubate o vandalizzate, le biciclette a Bari ormai costituiscono una vera emergenza sociale. Impossibile essere sicuri di ritrovarle dopo averle parcheggiate all’aperto, indipendentemente dal tipo di catena e lucchetto cui abbiamo affidato la loro sicurezza. Quando va bene, le ritroviamo senza una o entrambe le ruote. C’è a chi hanno rubato solo il sellino, a sfregio puro. L’unica sarebbe sistemarle in garage, ovviamente non gratis.

Un’amministrazione comunale schizoide e millantatrice ha puntato tutto o quasi sulla “mobilità sostenibile” con piste ciclabili e bike sharing, senza ovviamente rendersi conto che se a Bari nessuno è padrone di circolare in bici in sicurezza (e non parliamo delle decine di bici pubbliche rubate e vandalizzate senza che mai nessuno sia stato a dar conto di questo fallimento), si sta facendo della pura demagogia: ma questa abbiamo capito che non è un’esclusiva del berlusconismo, ma di ogni cialtrone che decida di amministrare senza averne la cultura, la visione e l’onestà intellettuale indispensabili.

Esattamente come ogni cosa di cui non riconosciamo la corresponsabilità (rifiuti, persone povere, “diversi”, bambini che evadono l’obbligo scolastico…) anche le bici vandalizzate, rubate, abbandonate magari davanti al prestigioso (e vacuo) monumento cittadino, diventano “res nullius” e rimangono a tempo indefinito a testimoniare la generale imbecillità, in senso ovviamente etimologico.

Le bici insepolte, come ogni cadavere insepolto, dicono qualcosa, raccontano una storia, gridano una denuncia: ma nessuno sembra accorgersene, nessuno pare voglia accorgersene. Al momento (ma si è insediato da pochissimo) tace anche il nuovo comandante dei Vigili Urbani, o meglio il vecchio-nuovo comandante dei Vigili Urbani, Nicola Marzulli, tornato quasi a furor di popolo alla testa del Corpo, dopo gli anni da incubo con il comandante Stefano Donati, a quanto pare imposto da Michele Emiliano e che Antonio Decaro non vedeva l’ora di sostituire.

Gridano innanzitutto l’indifferenza generale, la normalità di certi spettacoli cui si fa tragicamente l’abitudine, ci inducono a pensare che va tutto così e così deve andare quasi per forza. E a poco vale ricordare la Teoria delle Finestre Rotte, che invece potrebbe aiutarci tantissimo a capire che strada tentare per diventare una città normale. E che curando il bene comune, il decoro e la bellezza, si ottengono risultati più duraturi e soddisfacenti che affidandosi alla solita repressione o alle ordinanze farlocche, tanto care al sindaco Antonio Decaro e a chi lo ha preceduto.

Gridano anche la necessità di ripensare globalmente le politiche sociali ed educative del Comune e della comunità educante che è formata da tutti i cittadini, non solo da chi amministra o comunque occupa una posizione preminente nell’Amministrazione. Quella collaborazione fra corpi sociali, intermedi, primari e secondari che certo non si esaurisce nel “fare gli infami” e denunciare (a chi? quando? come?) il vicino che non conferisce correttamente la spazzatura o (ultima fra le tante infelici uscite del Sindaco) usa fuochi d’artificio “proibiti”.

Restano mute e impotenti testimoni di una città che sembra aver perso vista e udito: cieca e sorda soprattutto alle sue voci, alle sue speranze, al suo stesso futuro.