Giorgio Treglia, già presidente dell’Ordine dei Commercialisti della Provincia di Bari, è uscito completamente immacolato dal processo chiamato “Gibbanza” insieme ad altri tre coimputati, assolto perchè il fatto non sussiste. Oltre alla soddisfazione di sapere fuori da questa brutta storia un uomo e un commercialista di specchiata e integerrima attività professionale, ci ha colpito moltissimo leggere le motivazioni della sentenza di assoluzione, depositate a qualche mese dalla pronuncia.

Il giudice, infatti, ha ritenuto che la richiesta di condanna  a 3 anni e sei mesi avanzata dall’accusa, rispondesse a “un quadro probatorio debole e soprattutto non univoco alla luce del quale la condotta illecita ascritta al Treglia non supera la soglia del mero sospetto”. Ma quello che davvero colpisce è la demolizione impietosa di un teste che aveva accusato Giorgio Treglia di avergli passato una tangente di cinquemila euro per “pilotare” una causa. Un teste che è arrivato persino a chiedere “come sono andato” dopo aver risposte alle domande degli inquirenti, dimostrando di voler compiacere la sua controparte. Un teste, insomma, assolutamente inattendibile, tanto da  portare poi il tribunale a una assoluzione e non certo a una condanna dell’imputato Giorgio Treglia.

Ovviamente non esiste alcuna cifra in grado di risarcire una persona di un’avventura come questa. E c’è sempre e comunque da felicitarsi d’essere nati in Italia, paese dalla giustizia lenta certo, ma dove la Giustizia, alla fine, riesce quasi sempre a spuntarla. Ma intanto una vita si può anche distruggere, erodere, consumare nell’angosciosa attesa di vedere la luce della verità. Bastano le dichiarazioni di chi poi si rivelerà inattendibile o facilmente impressionabile per mandare all’aria la normale e quotidiana vita di ognuno di noi.

Un caso come questo e come altri (e citiamo appena appena di striscio l’inedita situazione di un Capo dello Stato che è stato chiamato a testimoniare in un processo alla Mafia, nell’ambito della cosiddetta e presunta trattativa fra lo Stato e l’organizzazione criminale) richiamano al’attenzione generale, soprattutto del Legislatore, la necessità di una riforma complessiva del processo e di tutto il sistema Giustizia in Italia.

Ma ci fanno riflettere sulla generale fragilità dell’essere uomini e donne in una società matura e complessa, soprattutto quando si hanno immense responsabilità e formidabili competenze professionali. A spegnere un sorriso, a volte per sempre, a negare una vita intera fatta solo di sacrifici e successi, a uccidere il seme della speranza e a negarle un futuro, può essere sufficiente l’egoismo esibizionista di un irresponsabile.