L’inadeguatezza della sanificazione dei mezzi del 118, appaltata a un’azienda diversa rispetto a quella che l’ha gestita finora, sta paralizzando il sistema barese dell’emergenza-urgenza. Quella appena trascorsa è stata una notte drammatica, alla ricerca disperata di un’ambulanza libera.

La postazione India del Giovanni XXIII è rimasta bloccata dalle 23, quella Policlinico da mezzanotte, mentre Japigia dall’una. E allora la centrale non ha potuto far altro che rivolgersi all’automedica Bari 1: “Abbiamo solo voi”. È stato questo il mantra che ha costretto l’equipaggio a 7 interventi notturni oppure la postazione di Palese a recarsi su un intervento a Ruvo di Puglia. Il discorso non sarebbe diverso sulla Murgia, zona di riferimento dell’ospedale Perinei. L’automedica di Altamura e la postazione di Poggiorsini sono rimaste a lungo bloccate per la sanificazione. Ore di attesa al freddo anche per il personale che non ha luoghi al chiuso dove sanificarsi le tute e spogliarsi. E se non prendi il coronavirus ti raffreddi essendo sudati fradici al termine di un qualsiasi intervento in cui ci si è dovuti bardare di tutto punto come stabilito da una comunicazione del caposala del coordinamento barese del 118, Domenico Liberio. Una comunicazione che invita a bardarsi ad ogni intervento (pubblicata nella galleria fotografica ndr.), ma che non menziona affatto la sanificazione.

“La questione è molto più complicata di ciò che possa sembrare ad alcuni burocrati – spiega Francesco Papappicco, sindacalista e medico del 118 – le ore di fermo potrebbero configurarsi come interruzione di pubblico servizio, con tutti gli aggravi del caso. Per quando riguarda la sanificazione dei mezzi e del personale, poi, c’è molto da dire. Se scrivi una disposizione in cui veniamo obbligati a indossare tutti i dispositivi di protezione non puoi non prevedere un protocollo per la sanificazione, che adesso viene fatto alla garibaldina, senza che il coordinamento del 118 passi alcol o altri prodotti per la sanificazione personale degli operatori o stabilisca cosa farne della tuta impiegata sugli interventi. È come aver detto l’abc, ma essersi dimenticati del resto dell’alfabeto. Che dire poi dei luoghi di vestizione e svestizione. Mentre sanificano in modo opinabile il mezzo noi siamo all’esterno, col rischio di ammalarci. Non abbiamo luoghi e prodotti adeguati. Restiamo per strada al freddo. La sanificazione personale è zero”.

Per fortuna e solo per quella nessuno ci ha lasciato la pelle, ma il sistema di sanificazione rischia di avere pesantissime conseguenze sulla salute pubblica oltre che sull’organizzazione di tutto il sistema dell’emergenza-urgenza. I problemi sono molteplici. Stando alle notizie che giungono dalla trincea, pare non vengano usati i prodotti previsti dal protocollo inviato dalla Asl al vecchio gestore. Si sarebbe passati dal panno monouso allo spruzzino; dall’ipoclorito di sodio e prodotti a base di idrogeno allo 0,5 per cento, ovvero etanolo al 71 per cento, ad altro tipo di sostanze che aumentano i dubbi sull’efficacia degli interventi.

Senza contare il fatto che l’apparecchio impiegato dall’azienda, a quanto pare nuova a questo genere di operazioni, ha bisogno della corrente elettrica per funzionare. Non sempre la sanificazione può avvenire in prossimità di una presa. E allora, solo per fare un esempio, al pronto soccorso dell’ospedale San Paolo di Bari hanno dovuto sistemare una prolunga e tirare il filo all’esterno per agevolare la sanificazione dei mezzi. In questo periodo si tratta di un grosso problema, perché i ritardi si accumulano.

Nel caso di infarti o traumi particolarmente gravi la tempestività è essenziale, vanificarla con ore e ore di attesa per una sanificazione che precedentemente avveniva in 30, forse 40 minuti, mette tutti a rischio. Il coronavirus non è la sola emergenza da affrontare. Non sappiamo cosa abbia spinto la Asl di Bari a riaffidare il servizio. In tanti si aspettavano un miglioramento, invece la situazione è precipitata. La speranza di tutti è quella di non averlo fatto per risparmiare soldi. In fondo se siamo arrivati a questo punto, come dice il ministro Azzolina, ovvero a un sistema sanitario regionale inadeguato, è a causa dei tagli e dei risparmi a cui si è proceduto finora.

Va aggiunto che il Co.E.S. aveva proposto un progetto che regolarizzava le sanificazioni e abbatteva i costi con sanificatori in tutti i mezzi, archetti sanificanti in tutti i Centri COVID e DPI personali riutilizzabili.

“Se avessero speso danaro pubblico per fornire sanificatori ad ogni postazione – denuncia Papappicco – avremmo risparmiato centinaia di euro per intervento e ognuno avrebbe provveduto a una più accurata sanificazione personale, dei mezzi e delle singole postazioni in tempi stabiliti. Ma forse i nostri suggerimenti in forza al buon senso e all’efficienza non sono paragonabili agli scriteriati e mercenari interessi di chi rimane nei palazzi a decidere del destino di equipaggi e pazienti”.