A 12 anni si ha negli occhi l’entusiasmo di un mondo pulito, fatto di colorate passioni e pieno di vita. C’è chi a 12 anni ama ballare e non vede l’ora di indossare le punte e il tutù per le lezioni settimanali, proprio come Maria Francesca. A fine anno nella sua scuola di danza a Foggia ci sarà il saggio, ma lei non potrà parteciparvi perché per qualche ‘personcina’ Maria Francesca sarebbe “impacciata nei movimenti, non riuscirebbe a seguire, ad andare a tempo e avrebbe difficoltà motorie e relazionali“, solo perché affetta dalla sindrome di Down. Una storia di esclusioni e ignoranze raccontata da Giuseppina e Michele, genitori della bambina, residenti a Foggia e originari di Rocchetta, ai microfoni di FoggiaToday.

La madre ha spiegato di aver scoperto per puro caso nel “corso di una conversazione con altri genitori“, che Maria Francesca non avrebbe partecipato al balletto finale, dopodiché lei e suo marito hanno deciso di non mandarla più in quella scuola, nonostante la figlia coltivi questa passione con tenacia da 6 anni. “Nostro malgrado, abbiamo inflitto un altro dolore alla nostra bambina – ha spiegato Giuseppina -. Le cose non sono andate come ci aspettavamo. Nei primi anni, a causa della pandemia e della sua salute cagionevole, Maria Francesca è stata costretta a seguire le lezioni a singhiozzo. L’anno scorso contavamo in una piena ripresa, ma al suo rientro abbiamo avuto la prima spiacevole sorpresa. È stata tolta dal gruppo delle sue amiche e inserita in quello delle ballerine molto più piccole di lei. La sua integrazione è stata difficile. Lei non l’ha presa bene”.

La scuola di danza ha cercato di giustificare l’ingiustificabile vicenda dicendo alla coppia che la loro ballerina “era rimasta indietro per la frequenza irregolare e le difficoltà legate alla sindrome”. Dopo questa prima enorme delusione Giuseppina e Michele hanno deciso di “ingoiare il rospo” e lasciato che Maria Cristina “continuasse a frequentare i corsi, sperando che la situazione si stabilizzasse”. Eppure, non c’è fine né limite al peggio. Una cosa è certa, la loro bambina non potrà danzare con le sue amichette al saggio, ma la sua famiglia non intende restare ferma, né tantomeno tacere dinanzi a questa esclusione, pregna di banalità e che mostra come la cultura della cura, della persona, non riesca ad attecchire neppure in contesti educativi e di crescita.

“Mia figlia è una bambina solare, aperta, socievole, integrata, terapizzata, disponibile e sempre impegnata. Ora mi chiede se andremo a danza lei sa e ha capito che ci sarà un saggio – ha continuato la madre -. Era comunque affezionata a quel posto. Io sono costretta a dirle che è chiusa. Su di lei potevano lavorare meglio, proprio perché ha questa grandissima passione e tiene tanto alla danza. Peraltro stiamo parlando di un saggio per bambine di terza elementare“. Ora, Giuseppina e Michele hanno scritto una lettera alla ministra per le Disabilità, Alessandra Locatelli, nella speranza che le istituzioni si accorgano dell’assenza di inclusività presente nel nostro tessuto sociale.