“La gestione dello stabilimento Ilva di Taranto da parte degli imputati è stata una gestione disastrosa che ha arrecato un gravissimo pericolo per la incolumità-salute pubblica”. Così scrive la Corte d’Assise di Taranto in uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza, di oltre 3.700 pagine, del processo denominato “Ambiente Svenduto”.

“I Riva e i loro sodali hanno posto in essere modalità gestionali illegali anche omettendo di adeguare lo stabilimento siderurgico ai sistemi minimi di ambientalizzazione e sicurezza per ovviare alle problematiche di cui avevano piena consapevolezza sin dal 1995”.

La sentenza è stata depositata a 18 mesi dalla conclusione del processo, prevista per il 31 maggio 2021, che ha condannato 26 persone, tra dirigenti della fabbrica, manager e politici per il presunto disastro ambientale causato dall’ex Ilva.

Il collegio dei giudici

I protocolli di intesa tra gli allora proprietari dello stabilimento e le istituzioni locali e regionali “attestano in maniera inequivocabile come gli interventi di ambientalizzazione degli impianti, pur avvertiti come imprescindibili e urgenti, siano stati a lungo procrastinati, con la costante e ingiustificata prevalenza delle ragioni della produzione rispetto a altri valori pur costituzionalmente fondanti del nostro ordinamento”.

Il provvedimento depositato oggi è diviso in 15 capitoli. Secondo i giudici, Fabio e Nicola Riva, condannati a 22 e 20 anni di reclusione, avrebbero “messo così in pericolo la vita e la integrità fisica dei lavoratori dello stesso stabilimento, la vita e l’integrità fisica degli abitanti del quartiere Tamburi, la vita e la integrità fisica dei cittadini di Taranto”. Fu condannato a tre anni e mezzo di reclusione l’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, a cui viene contestata la concussione aggravata in concorso.