Torniamo ad occuparci della storia di Umberto, la guardia penitenziaria di 56 anni scomparsa il 18 febbraio scorso. L’uomo, in servizio presso la casa circondariale di Turi, si è tolto la vita sparandosi un colpo di pistola in auto nel cuore della notte a Bitritto. Si era appartato per non far preoccupare il papà malato e sua mamma.

Dopo l’intervista all’avvocato La Scala, a parlare è ancora una volta mamma Rosanna. L’assistente capo, secondo quanto raccontato da alcuni conoscenti sarebbe stato pesantemente bullizzato e offeso sul posto di lavoro.

“I sindacati non hanno fatto niente, anche se sanno tutto – spiega Rosanna -. Mi aspetto la verità perché Umberto si lamentava con loro. Non faceva nomi, ma è chiaro che in quei ambiente si sa chi fa cosa”.

Rossana chiede agli ex colleghi di Umberto una prova di coraggio. “Chiedo a loro di parlare e dire la verità. In quel sistema ci sono tante mele marce, c’è una cattiveria unica. Non si può andare avanti così – continua -. Mio figlio non faceva comunella con loro, ecco perché dicevano che era matto. Lo hanno distrutto, non riesco a darmi pace, voglio vendetta perché mio figlio era un ragazzo buono. Ha fatto del bene a tutti”.