“I cani hanno l’acqua e le cucce per stare al caldo, noi invece siamo costretti a vivere nell’immondizia”. Siamo andati nel ghetto dove centinaia di lavoratori originari del Marocco si accampano a Turi nei mesi della raccolta delle ciliegie.

Le condizioni in cui vivono sono terrificanti. Cumuli di immondizia, tende di fortuna per riuscire a riposare dopo anche 14 ore di lavoro estenuante nei campi. Tutto questo senza acqua e senza corrente. La rabbia è tanta come sottolinea Jamal. “Ci trattano come degli schiavi, peggio degli animali. Per lavarci scavalchiamo il cancello e usiamo un rubinetto destinato ai cani”.

“Ci accusano di essere sporchi e di essere cattivi, ma non è così. Non siamo tutti uguali”. Il riferimento è ai fatti di cronaca accaduti a Turi. Molti imprenditori sono costretti a chiudere prima per evitare che qualche migrante ubriaco non distrugga il locale. I cittadini hanno paura di camminare per strada da soli. Ma, come spiega anche Jamal, non bisognerebbe fare di tutta l’erba un fascio.

“Ci sono quelli che si ubriacano e che vanno a creare casini in città, ma la maggior parte di noi viene qui per lavorare e per guadagnare qualcosa da mandare alle nostre famiglie. Il problema è che ci trattano come degli animali, ci calpestano e questo provoca tanta rabbia”. Di certo essere trattati come dei reietti non aiuta l’integrazione.

Jamal e altri suoi compaesani chiedono rispetto. Non possono continuare a vivere in quella che è una vera e propria baraccopoli. Loro che sono il fulcro dell’economia delle ciliegie, come sottolinea anche Jamal: “Senza di noi le ciliegie non verrebbero raccolte”.

Le loro condizioni di vita sono ignare anche ai loro familiari. “Credono che viviamo in una casa con tutte le comodità, non sanno che invece siamo nell’immondizia e che per restare in contatto con loro rischiamo di morire fulminati. Se lo sapessero non dormirebbero la notte e quindi diciamo una bugia”.

Dall’altra parte ci sono i titolari di bar e ristoranti, come Cesare, che chiedono maggiori controlli. Quest’ultimo, infatti, aveva deciso di chiudere la sua pizzeria per protestare contro le Istituzioni che lo avevano abbandonato. Il suo sfogo sui social riguardava un accoltellamento avvenuto fuori dalla sua pizzeria. Lui stesso, come altri suoi colleghi, sottolinea che tra i migranti impegnati nella raccolta delle ciliegie ci sono anche brave persone che di certo non portano guai.

Dopo la protesta, Cesare è stato contattato dal sindaco di Turi e dal comandante dei Vigili che hanno promesso maggiori controlli e posti di controllo in città soprattutto nel periodo della raccolta.

Vedere tale degrado in una società civile fa davvero male. Jamal e tutti i suoi connazionali arrivati in Italia in cerca di un lavoro meritano di essere trattati con dignità. Chi invece è in cerca di guai, come sottolineano anche gli abitanti del ghetto, meritano di essere puniti e di essere fermati prima che tutti ne paghino le conseguenze.