Pomeriggio di ordinaria follia da coronavirus all’ospedale barese Di Venere. Una famiglia, fatta rimbalzare in almeno altri due ospedali della città prima di essere dirottata nuovamente a Carbonara, ha perso le staffe ed ha avuto da ridire con il personale impegnato nell’esecuzione dei tamponi.

Personale sotto stress e non opportunamente tutelato, continuamente assalito da utenti in preda al panico da pandemia, convinti di doversi sottoporre al tampone “per sicurezza”, senza passare dai canali ufficiali, anche per essere stati solo a contatto con il parente dell’amico vicino al fratello della nonna, risulto positivo.

Ieri pomeriggio la situazione è letteralmente sfuggita di mano e sono dovute intervenire le guardie giurate e tre pattuglie di Carabinieri per riportare un po’ d’ordine. I militari hanno ascoltato e identificato diverse persone, scritto a mano i numeri e distribuito i bigliettini fai da te ai presenti, comunque ammassati all’esterno dei container adibiti al triage. Gli stessi operatori, oltre a dover effettuare il test a chi deve accedere all’ospedale, per esempio prima di un ricovero, sono costretti a fare l’esame ai tanti che affollano la struttura per ragioni diverse.

Ci sono anche intere comitive di gente rientrata dalle vacanze. Gente convinta da amici che lo ha già fatto a recarsi senza preavviso al Di Venere. Nei giorni scorsi è toccato anche alla quasi quasi totalità dei clienti di una masseria del barese in cui aveva mangiato una persona risultata positiva.

Nonostante siano state annunciate modalità specifiche e siano state allestite diverse postazioni per l’esecuzione del test, il Di Venere continua a essere preso d’assalto, sottoponendo il personale impiegato a un grande stress e alla possibilità di incappare in qualche errore non da poco. I reagenti intanto sono in esaurimento e la Asl di Bari oltre a rifornire l’ospedale dovrebbe mettere in chiaro cosa fare con le orde di baresi e forestieri che fanno incursione, inventando le scuse più disparate pur di sottoporsi al tampone.