Condannati a 30 anni di reclusione i tre presunti assassini di Michele Amedeo, il 51enne netturbino dell’Amiu ucciso nel parcheggio dell’azienda nella zona industriale di Bari il 25 aprile 2017. La decisione è stata presa dal gup del Tribunale di Bari, Marco Galesi. Condannato anche il collaboratore di giustizia Michele Costantino a 14 anni e 8 mesi.

La ricostruzione dell’accusa, condivisa anche dal giudice, vede l’ex amante della vittima, l’imprenditrice di Cassano delle Murge, Vincenza Mariani, sarebbe stata la mandante dell’omicidio. Il movente è legato alla rottura della relazione.

L’esecutore materiale sarebbe stato il genero della donna, Giuseppe Baccellieri, mentre il pregiudicato Massimo Margheriti, ex dipendente del salottificio di proprietà della Mariani, era alla guida dell’auto con a bordo il killer. Tutti e tre sono stati condannati a 30 anni di reclusione per omicidio volontario premeditato, detenzione e porto di armi e ricettazione. Costantino, anche lui pregiudicato, ha confessato durante le indagini di aver collaborato al delitto fornendo ai sicari un’auto rubata e l’arma.

La sentenza è stata emessa al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato. Il gup ha condannato gli imputati anche al risarcimento danni nei confronti dei familiari della vittima, assistiti dagli avvocati Luca Italiano e Fabio Alberto Russo, con provvisionali immediatamente esecutive tra i 15mila e i 10mila euro.

Il pm di Bari, Marco D’Agostino, per la donna aveva chiesto l’ergastolo. Secondo gli inquirenti «non potendo essere più suo, non sarebbe stato di nessun’altra» e, così, avrebbe deciso di fare uccidere l’ex amante che l’aveva lasciata, ingaggiando un killer per 5mila euro, due giorni prima della laurea della figlia, per «imprimere un sinistro ed indelebile sigillo di lutto anche sulla festa».

Grazie alle testimonianze, intercettazione, video e tabulati, la vittima avrebbe tentato più volte di lasciare la donna che aveva iniziato a perseguitare e minacciare lui e sua figlia, della quale aveva carpito la fiducia con un profilo Facebook fake, fingendo anche una gravidanza con false ecografie per costringerlo a non lasciarla.