Dopo le indagini condotte dai Carabinieri, coordinati dal pm Simona Filoni, la Procura ha chiesto l’archiviazione per il maggiorenne coinvolto nella presunta violenza di gruppo avvenuta un anno fa nel porto di Bari. “Non appare configurabile né in punto di fatto, né in punto in diritto, una violenza sessuale in danno della minore”. Sono queste le parole provenienti dalla Procura e riportate sulla Gazzetta del Mezzogiorno.

Il 1° agosto 2017 la presunta vittima 14enne denunciò di avere subito una violenza sessuale di gruppo. Raccontò agli investigatori che il branco l’aveva costretta a seguirla dal molo Sant’Antonio sino al porto, dove in cinque avrebbero poi abusato di lei. Si trattava di un maggiorenne e di quattro ragazzini tra i 15 e i 17 anni. Per questi ultimi procederà la Procura presso il Tribunale per i Minorenni.

Il racconto della presunta vittima non collima con quanto emerso dalle indagini, vale a dire con le immagini di videosorveglianza, con la consulenza psicologica, con i controlli sul Dna e sui telefoni cellulari dei protagonisti della vicenda. Gli accertamenti tecnici sui telefonini avrebbero infatti consentito di “accertare che l’incontro con la minore fosse stato programmato anticipatamente e consapevolmente accettato dalla stessa”.

Dalle indagini, è emerso che la ragazzina «si recava volontariamente presso l’area portuale di Bari e nella piena consapevolezza della finalità dell’incontro volto alla consumazione di plurimi rapporti sessuali». D’altro canto le dichiarazioni in sede di ascolto protetto con una psicologa rese dalla ragazzina “appaiono lacunose e contraddittorie”, scrive sempre il pm nella richiesta di archiviazione. Così come poco chiaro sembrerebbe l’allontanamento della ragazza con i suoi stupratori manifestando “una incontrovertibile serenità”.

Queste ragioni avrebbero generato una “incertezza” che non consente di formulare accuse perché, secondo il Pm, l’indagato non avrebbe potuto comprendere il momento in cui è sorto l’eventuale dissenso da parte della giovane. La denuncia della ragazza sembrerebbe alla Proocura una «giustificazione data al nucleo familiare in merito alle incessanti telefonate senza risposta».