La Guardia di Finanza ha concluso una complessa indagine finalizzata alla repressione delle frodi in tema di Fondi Comunitari pari 1 e mezzo di euro erogati dalla Regione Puglia a favore dell’Ente Ecclesiastico “Figlie di Sant’Anna” con sede a Roma, finalizzati alla ristrutturazione del complesso di “Sant’Anna”, a Noci, successivamente adibito a casa di riposo per anziani.

Sulla scorta degli elementi raccolti, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bari ha emesso un’ordinanza con cui ha disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti dell’ex assessore comunale Vittorio Lippolis, ritenuto il promotore e principale artefice della frode ai danni dell’Ente Pubblico, dimessosi in seguito al presunto scandalo.

La stessa Autorità Giudiziaria ha disposto inoltre nei confronti dei principali indagati il sequestro finalizzato alla confisca di una somma equivalente al finanziamento illecitamente percepito.

La medesima misura cautelare a carattere patrimoniale ha interessato l’ulteriore somma di 200mila ritenuta profitto del reato di auto-riciclaggio commesso attraverso una società di persone operante nel settore immobiliare riconducibile al soggetto arrestato.

La Procura della Repubblica di Bari, che ha diretto e coordinato l’attività investigativa, ha depositato l’avviso di conclusione delle indagini nei confronti di 16 persone fisiche concorrenti nel reato di truffa e responsabili dei reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Nel corso delle indagini è emerso che l’Ente religioso beneficiario dei contributi pubblici, nell’ambito di un piano ideato, promosso ed organizzato dal soggetto attinto da misura cautelare, con la complicità dei titolari delle imprese esecutrici dei lavori oggetto di finanziamento, poneva in essere artifizi e raggiri al fine di far risultare un importo relativo all’investimento effettuato di gran lunga superiore a quello effettivamente sostenuto in modo da indurre in errore l’Ente Regione Puglia e procurarsi un ingiusto profitto quantificato appunto in 1 milione e mezzo di euro.

L’attività ha permesso di dimostrare che le imprese esecutrici dei lavori restituivano gli importi illecitamente sovra-fatturati, successivamente suddivisi tra l’Ente Ecclesiastico ed il promotore dell’attività truffaldina, il quale li ha reinvestiti in una propria società.