Maria Fiore sta in mezzo alle migliaia di persone accorse allo stadio di Altamura per dare l’ultimo saluto a Domenico Martimucci. Il “piccolo Zidane”, il ragazzo di 26 anni morto qualche giorno fa in seguito alle gravi ferite riportate nell’esplosione dell’ordigno che ha distrutto la sala giochi Green table, in largo Nitti il 5 marzo scorso ad Altamura. Gli amici dell’ennesima vittima di mafia si sono presentati al funerale con una maglietta riportante la scritta “Noi siamo Domi”.

Maria in questa storiaccia è coinvolta in prima persona. Suo fratello Francesco, 27 anni, era al fianco di Domi al momento della deflagrazione. A differenza dell’amico non è morto, ma il ragazzo porta ancora addosso i segni di quell’assurdo gesto. Siamo con lui, con la speranza che possa superare questo momento difficile. Probabilmente il recupero psicologico sarà più lungo.

«Speravamo tutti in una ripresa di Domi – spiega Maria – tra gli applausi e le parole di circostanza che in questo momento rendono ancora più inaccettabile la scomparsa di una vittima innocente – sarebbe stato il riscatto di tutta la comunità, di chi non si lasca piegare dalla violenza». Tutta la città si era data da fare per tentare di consentire a Domi di essere curato all’estero. Purtroppo è andata diversamente e bisognerà farsene una ragione. «Siamo ancora sotto shock», racconta Maria al telefono, man mano sopraffatta dalle lacrime e dagli applausi di chi le sta accanto. Un fiume di persone. Ci sono anche i compagni delle squadre di calcio in cui Domi ha giocato e poi tanti sconosciuti, andati fino ad Altamura per stare accanto alla famiglia. Il vuoto non si potrà colmare, ma bisognerà pensare al futuro, a come onorare il ricordo del piccolo Zidane.

«Quel 5 marzo – continua Maria – nella sfortuna siamo stati molto fortunati ad avere incontrato la dottoressa Francesca Mangiatordi. È stata lei a prendere in carico mio fratello al pronto soccorso. Lei è’ stata fredda nel prendere in mano una situazione critica, ma di una umanità che solo pochi sanno e danno. Quando Francesco è’ uscito dopo cinque giorni dalla rianimazione mi disse: Mary ho un Angelo che si chiama Francesca.
Lei saliva puntualmente a vedere Francesco, gli chiedeva come stesse e i suoi occhi si riempivano di gioia perché in lei vedeva la sua rinascita. Nessuno deve mai mettere in dubbio la sua professionalità e caparbietà». 

Durante l’omelia monsignor Giovanni Ricchiuti ha mandato un messaggio forte e chiaro, perché episodi del genere non si ripetano più. “Nessuno osi mettere le mani sulla città”, mentre i Carabinieri sono riusciti a fermare i presunti attentatori alla sala giochi Green Table. Si tratta di Mario Dambrosio, il fratello del defunto boss Bartolo. Quest’ultimo, secondo alcune indiscrezioni, avrebbe progettato l’attentato.