Non lo dicono i soliti complottisti come me, ma l’Università di Friburgo ed esperti qualificati. Raccontiamo come ci si è arrivati.

Così cerchiamo di riscattare la nostra parte di insulti ricevuti per il nostro ultimo incontro quando abbiamo detto che il debito pubblico italiano non sarà mai estinto e che non esiste nessuna previsione o simulazione che preveda una contrazione significativa a tempi medi.

E allora a che serve? Serve ad assolvere alla sua funzione principale: quella ideologica. Serve a farci digerire la privatizzazione sistematica che dal 1992 si sta impossessando di tutto quello che rende profitto in Italia.

Con la sua costante presenza mediatica serve ad accompagnare il corollario delle banalità ripetute che ci ha fatto accettare l’impoverimento sistematico dell’Italia e degli italiani e che ancora continua a favore di Francia, Inghilterra e Germania.

Pensate, se vi dicessero: da domani non avrai più la pensione, non avrai più la sanità pubblica, non avrai più la scuola pubblica, non avrai più contratti di lavoro a tempo indeterminato, non avrai più la copertura dello stato se la banca dove hai messo i tuoi risparmi fallisce, dovrai pagare a privati il tuo consumo dell’acqua, anche il tuo Stato, lo Stato Italiano non sarà più autonomo nelle decisioni monetarie.

Se avrà bisogno di soldi dovrà chiederlo a dei privati, anche l’esercito e la polizia dovranno essere gestiti da privati, perfino la Cassa depositi e prestiti dovrà appartenere a privati. Potrei continuare.

Ci sarebbe una reazione popolare, ma con una piccola dose per volta non ve ne accorgereste. Sappiate che alcune di queste fantasiose ipotesi si sono già avverate, ma non ce ne siamo quasi accorti.

Il sistema di farci sentire in colpa per il debito pubblico e di intervenire con dosi di privatizzazione omeopatiche ci ha già fatto accettare molte privatizzazioni senza reazioni alcune.

Ma come abbiamo fatto a non accorgerci? Ci hanno sempre riproposto che il problema, la causa di tutto è il debito pubblico. Ci hanno fatto pensare e ripetere e convincerci che abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi e che non ci possiamo più permettere tutto questo.

Ma chi si è arricchito?  In effetti qualcuno sì. Più esattamente l’1 per cento della popolazione si è arricchita, chi ha fatto speculazioni finanziarie si è arricchito, i nostri capitalisti senza capitali alla Debenedetti o alla Montezemolo si sono arricchiti e continuano ad arricchirsi.

Ma il capolavoro e che hanno convinto quelli del 99 per cento che si è impoverito per colpa delle loro pensioni della loro assistenza sanitaria. Hanno convinto il 99 per cento della popolazione che non possono più permettersi di vivere come prima. Hanno convinto le vittime di aver peccato di ingordigia con il loro welfare e che è arrivato il momento di espiare.  Dove non attecchiva questa formula c’era l’altra. Lo vuole l’Europa. Sembra l’esclamazione Dio lo vuole.

Lo vuole l’Europa. Abbiamo accettato come giustificazione l’evocazione della formula modulandola in: lo vuole l’Europa.

Abbiamo il debito pubblico che grava su di noi perché così vuole l’Europa. Mai ci è stato detto verso chi siamo indebitati e come è maturato questo debito? Come siamo arrivati a questo debito?  Come mai nonostante la cura dimagrante ai nostri diritti che sono diventati PRIVILEGI per i nostri media, il debito pubblico continua comunque ad aumentare?

Mi sembra la cura con il salasso che prescrivevano i medici di Molière che come rimedio alla debilitazione dei loro pazienti imponevano altri salassi.

Studiamo il bilancio dello stato. Non voglio ripetere quello detto in interventi precedenti sull’origine del debito ma riportare che finalmente qualcuno dell’università bilingue in Svizzera ha deciso di studiare meglio i bilanci degli stati e di esaminare le altre poste e comparare le risultanze di diversi paesi ed esaminare le ipotesi di crescita effettiva.

Banalmente non ha senso parlare in assoluto di debito senza parlare degli elementi gestionali futuri o di reddito futuro. Un debito di 10 mila euro per un morto di fame sono la fine, per un miliardario sono una sciocchezza.

Da questo studio che ha abbandonato le banalità della nostra classe politica è venuto fuori che stiamo messi molto meglio della Germania, della Francia, della Spagna e persino degli Stati Uniti.

Chi sono questi mattoidi della ricerca? Sono il Centro Studi dell’Università di Friburgo sotto la guida di un altro mattoide un certo Prof. Raffelhuschen che già dal nome impronunciabile sembra fasullo, ma non lo è.

Ma anche altri personaggi tutti con cognomi sospetti hanno esaminato lo studio con attenzione e professionalità. Fra questi un certo Alexander Kockerbeck che nonostante questo cognome sospetto ha lavorato in ruoli apicali per la Moody’s come analista per il debito sovrano, ed è attualmente consulente in Germania.

Questo signore e questa equipe hanno deciso di valutare la “qualità della crescita”, virtuale perché scaturita da bolle speculative, da bolle immobiliari, da speculazioni finanziarie, da tassi di interesse artificialmente bassi, da svalutazioni speculative e quanta crescita è affidabile e realistica.  Ed anche altri congrui parametri. Per esempio qual è l’influenza dell’invecchiamento della popolazione? Qual è l’influenza del livello culturale diffuso?

Insomma sono stati considerati tutti gli elementi trascurati dalla nostra classe politica e dall’informazione allineata e inginocchiata. Soprattutto è stata esaminata la posta contrapposta al debito, il Prodotto Interno Lordo il cosiddetto PIL e le prospettive di crescita.

Entrando nel merito della composizione del PIL presente e futuro dobbiamo ricordare che si tratta di un parametro grossolano. La mafia incrementa il Pil, i terremoti incrementano il Pil, l’inquinamento incrementa il PIL, infine ma solo per non continuare l’elenco, la guerra incrementa il PIL.

La posta del debito deve commisurarsi con quella del PIL. Sapendo che storicamente la contrazione dei costi pubblici non ha mai sanato le crisi. Da quella del ’29 a quella del primo dopoguerra tedesco, del secondo dopoguerra Italiano e Tedesco. Una cosa è storicamente accettata: senza investimenti pubblici storicamente non si esce da nessuna crisi.

Non necessariamente bisogna essere Keynesiani per accettare questo assioma. Solo la nostra classe politica e giornalistica non l’accetta. La scelta di questi ed altri parametri ritenuti congrui ha portato alla calibrazione di coefficienti ed ad una classificazione sul “gap della sostenibilità” che vede nel rapporto debito pubblico/pil: l’Italia al secondo posto nel rapporto Debito Pubblico / PIL al 73%, dopo la Lettonia; al quarto posto la Germania (154%), la Francia al 16 posto (449%), la Gran Bretagna al 22 posto (640%), la Spagna al 24 posto (672%). Gli USA buon ultimi (1.300 %).

Prima di sorridere con sufficienza sarebbe il caso di vedere in maniera diversa alcuni atteggiamenti ultimi di Trump e della Premier Inglese. La guerra ha sempre risolto le bancarotte delle nazioni e salvato la classe politica. E l’ipotesi che l’eccesso di finanziarizzazione quello che Gambino chiamava FINANZCAPITALISMO sia in crisi irreversibile non è un’ipotesi da complottisti.

I protagonisti della produzione di tutta questa quantità di carta rappresentativa di valore non sono in grado di prevedere il punto di non ritorno ma se lo aspettano. Lo abbiamo riportato più volte anche noi. Per cui tralascio questo argomento e permettetemi una nota di compiacimento.

Il nostro amico dal cognome impronunciabile dal suo studio sulla gestione italiana ha affermato che l’Italia gode ancora di una bilancia dei pagamenti attiva e che è l’interesse accumulato sul debito pubblico a causare le difficoltà. Interesse che si accumula nei confronti di enti privati che sono le banche ed il sistema finanziario che è stato creato nel disinteresse del popolo italiano.

Senza i tassi di interesse che si accumulano verso privati lo stato italiano godrebbe di una bilancia dei pagamenti attiva. Come è quella della Germania soprattutto da quando è entrata nel mercato europeo. Penso che possa bastare. Per adesso.