Mario Lerario, ex dirigente della Protezione Civile della Regione Puglia, è stato condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione con l’accusa di corruzione. L’ex dirigente aveva intascato due tangenti da 20mila e 10mila euro da due imprenditori che concorrevano in gare d’appalto per la costruzione di strutture per l’emergenza Covid. Il procuratore di Bari, Roberto Rossi, e l’aggiunto Alessio Coccioli, avevano chiesto 6 anni di reclusione, contestando il reato di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio.
Nel corso del procedimento la difesa dell’ex dirigente, affidata all’avvocato Michele Laforgia, aveva negato l’esistenza di un accordo corruttivo legato agli affidamenti dei lavori fra Lerario e gli imprenditori Luca Ciro Giovanni Leccese e Donato Mottola. Lo scambio di denaro, secondo la difesa, sarebbe stato al massimo riconducibile a una retribuzione non correlata agli appalti. Per tale motivo la difesa aveva avanzato la richiesta di assoluzione, in quanto non ci sarebbe stata correlazione tra lo scambio di denaro e l’attività amministrativa svolta dall’imputato nell’esercizio della sua funzione.
L’imprenditore Donato Mottola è stato giudicato con rito ordinario dal Tribunale di Bari con l’accusa di aver versato la mazzetta da 20mila euro a Lerario.
L’imprenditore Luca Leccese, accusato di aver versato la mazzetta da 10mila euro, è stato condannato a 4 anni di reclusione con sentenza di primo grado, in rito abbreviato, emessa dal giudice del Tribunale di Bari, Alfredo Ferraro. È stata disposta anche l’estinzione del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione e la confisca per equivalente.