La variante indiana dilaga in Italia e in Europa, per questo tutti i Paesi si stanno già attrezzando per la programmazione della terza dose da somministrare alle proprie popolazioni.

C’è già chi ha iniziato, come Israele, e chi invece è pronto a partire già da settembre, come la Germania. Si parte dagli ultra 60enni. Anche l’Italia si sta attrezzando per non farsi trovare impreparata.

“Prima è necessario terminare il primo giro di vaccinazioni, perché l’obiettivo è quello di offrire una protezione a tutti, poi, in base all’andamento epidemiologico, si vedrà come procedere, soprattutto per le persone fragili – spiega Pregliasco, virologo dell’Università Statale di Milano – Non abbiamo dati certi al riguardo, alcuni studi, sulla base di parametri di laboratorio, avanzano la tesi che le due dosi di vaccino proteggano per 9-12 mesi, ma si tratta di una schermatura che si deteriora progressivamente. Il picco di anticorpi si rileva a 14 giorni dalla seconda dose, poi le difese scendono progressivamente. Quindi, ragionevolmente, sarebbe opportuno pensare ad una terza dose a 5 mesi dal richiamo. E, almeno in un primo momento, non prevederla per tutti, ma solo per i pazienti più fragili. In seguito si potrebbe valutare se sarà necessario adottare un approccio universale”.

“La terza dose è solo l’inizio di una prassi che proseguirà – conclude -. Il virus ci farà compagnia ancora per un po’ di tempo, nel contempo l’immunità di gregge non sarà raggiunta facilmente. Abbiamo una fotografia statica di chi è protetto contro il virus: in realtà dobbiamo considerare che c’è chi si è vaccinato a dicembre e chi ieri. Inoltre il vaccino non raggiunge tutti. Quindi, in pratica, non possiamo sperare in una immunità di gregge. Il Covid rimarrà con noi, penso, ancora per due o tre anni”.