“La pandemia non è finita, non se siamo ancora fuori. E lo vediamo dal Regno Unito che qualche settimana fa aveva i casi attuali della Francia e oggi 20 volte tanto”.

A dichiararlo è il premier Mario Draghi, in conferenza stampa dopo il Consiglio Ue. “La situazione va ancora affrontata con determinazione, attenzione e vigilanza – spiega -. Teniamo alta la pressione sui tamponi e continuiamo a farli. È molto importante per individuare con prontezza lo sviluppo di nuove varianti e contagi.”

“La variante Delta – spiega Draghi – sta creando incertezza anche sulla ripresa economica. In Italia di fronte alla variante Delta serve continuare con determinazione la campagna vaccinale, continuare con i tamponi e aumentare il sequenziamento. A settembre non vogliamo trovarci nella stessa situazione dello scorso anno. In un anno avremo pure imparato qualcosa”.

“Serve un nuovo quadro normativo perché l’Ema possa avere un ruolo formale ed essere più proattiva in caso di una crisi sanitaria – spiega la direttrice esecutiva dell’Ema, Emer Cooke -. I vaccini stanno funzionando anche contro la variante Delta, ma dobbiamo essere certi che si faccia anche la seconda dose.  La variante Delta sarà sempre più importante in termini di diffusione in Europa. I quattro vaccini che abbiamo autorizzato, vale a dire Pfizer BioNTech, Moderna, Astrazeneca e Johnson&Johnson sono tutti e quattro sicuri e efficaci”.

Per questo, in caso di individuazione di focolai di variante Delta non è escluso possano essere ripristinate delle zone rosse. È l’ipotesi avanzata dal coordinatore del Cts e presidente del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli, come conseguenza dell’ampliamento del sequenziamento e tracciamento.

“Dobbiamo lavorare nella maniera più intensiva sul tracciamento e sul sequenziamento, perché solo in questo modo riusciamo ad intercettare segnali di diffusione della variante indiana – afferma Locatelli -.

E aumentando il sequenziamento, è necessario che di pari passo vengano anche prese delle decisioni per contenere il tutto. “Se necessario – ha aggiunto in conclusione – vanno create delle zone per fermare i cluster, come ad esempio è successo in Umbria quando si è verificata la diffusione della variante brasiliana”.