Le domande sono di una semplicità disarmante: qual è la sua paga oraria? Quante ore lavora al giorno? Lavora anche lei il sabato e la domenica? Perché se siete in solidarietà, fate scorrimento anche il sabato e la domenica? Le risposte sul “caso Bosch” rimediate al corteo di protesta per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici, sono state elusive. Ciò che emerge, tenendo conto anche di quanto abbiamo pubblicato finora, è il ruolo non del tutto cristallino di alcuni dei 21 sindacalisti aziendali della Bosch di Bari.

Chi non ha voluto neppure trincerarsi dietro le supercazzole, ci ha pesantemente minacciato, riempiendoci di sputi e insulti, accusandoci di essere sul libro paga dell’Ugl, l’ultimo dei sindacati entrati in fabbrica e per questa ragione bisognoso di tessere e iscritti, che altri stanno pian piano perdendo. Su quest’ultima accusa i nostri legali stanno decidendo il da farsi. Persino lo storico e inossidabile capo dei metalmeccanici baresi e pugliesi della Uil, Franco Busto, ha perso le staffe, confondendo la nostra inchiesta per una battaglia personale. Busto si è infuocato mentre tentavamo di farci dire da un rsu uilm il suo nome. Neppure quello voleva dire alla nostra testata. Si tratta di Riccardo Falcetta, neppure fosse l’ottavo mistero di Fatima.

Persino il segretario generale nazionale della Fiom Cgil, Maurizio Landini, ha ammesso al nostro microfono che i sindacati sono fatti da uomini e che gli uomini possono sbagliare e nel caso possono essere fatte delle indagini. Nel caso in cui fossero ravvisati comportamenti al limite del servilismo da parte di certi rsu, non sarebbe male se le alte sfere dei contestatissimi sindacati prendessero le distanze, dando qualche calcio nel sedere. La crisi del più grande stabilimento metalmeccanico pugliese è anche morale.

Dicevamo degli sputi e delle minacce, ricevuti come provocazione quando ormai avevamo smesso di fare domande, ma i provocatori poco professionali siamo noi, perché vogliamo risposte a quesiti banali. Succede sempre così. Nel 2017 finirà la solidarietà alla Bosch (non firmata dalla Fiom Cgil) e bisognerà pensare agli almeno 200 operai che potrebbero rimanere a casa, senza perdere mai di vista che si tratta di padri di famiglia, alcuni dei quali ci stanno contattando perché non hanno più fiducia nei sindacati.

All’operaio che ci ha invitato ad andare fuori dai cancelli della fabbrica per spaccarci la testa, condigliandoci anche di riporre il microfono per andare due minuti dietro l’angolo a risolvere la faccenda da uomini, rispondiamo che fuori dai cancelli torneremo presto, per approfondire la vicenda. A sentire gli operai con paghe orarie comuni e un futuro incerto, quella dell’aria di terrore che si respira nei reparti dello stabilimento Bosch di Bari non è una leggenda.

E allora, ringraziandolo per non essersi sottratto, evitando di fomentare i suoi, ci associamo alla richiesta del segretario generale della Fiom Cgil barese, Saverio Gramegna: la Bosch ha ricevuto un fiume di soldi pubblici e il lavoro dei 1950 operai, anche quello dei sindacalisti non filoaziendalisti, va tutelato. È il caso che la Regione Puglia intervenga e si inizi a discutere ora del futuro del colosso tedesco e quindi di ciò che lo stabilimento produrrà (vecchie pompe diesel o pezzi tecnologicamente avanzati), prima di iniziare a versare le solite lacrime di coccodrillo.