La rete è impazzita non appena la comunità Facebook Comune Bari News gli ha dato in pasto un video di 44 secondi in cui si possono ascoltare solo una parte delle eresie sconclusionate, ma autorizzate, del Consigliere Comunale barese Pasquale Finocchio.

Il più buono degli internauti – esclusi parenti e amici strettissimi – gli ha dato della capra. Finocchio, uno che sull’equivoco omosessuale del suo cognome ha costruito i suoi slogan elettorali, è sempre stato così. Il mio primo incontro lessicale con lui è stato un perentorio: “E qui mi suffermo”, dopo aver parlato per dieci minuti al microfono. Una di quelle interviste inutilizzabili al netto di tagli, copia, incolla e coperture ai limiti del miracolo.

Finocchio imperversa sulla scena politica locale da un ventennio. È al suo quarto mandato. Il re degli strafalcioni, del peggiore politichese, è preso per i fondelli da avversari e compagni di partito. Deriso in ogni sede per quella sua cronica incapacità di perdersi nei meandri delle subordinate a catena, di incespicare in banalità, gaffe e “percoche” di ogni tipo. Eppure, nosostante il consigliere sia quanto di peggio si possa sperare di avere nell’aula del Consiglio comunale, il vero fenomeno da baraccone non è lui.

I veri campioni sono i suoi elettori, quelli che lo votano anche solo per poterlo prendere per il culo o per la sua “genuinità”, confondendola con l’incapacità comunicare un qualsivoglia pensiero. Un corto circuito dal quale difficilmente verremo fuori, soprattutto fin quando i suoi compagni dopo una riunione infuocata, ti manderanno un sms per raccontarti gli ultimi strafalcioni del povero Finocchio, uno come te.