di Antonio Loconte e Gianluca Lomuto
Saremmo potuti uscire con la notizia ore e ore prima di quanto abbiamo fatto, invece ci siamo presi il tempo necessario per oscurare volti, non far ascoltare nomi e numeri civici, sintetizzare quei trenta minuti di giustizia sommaria contro il presunto pedofilo attirato in trappola.

Nonostante il lavoro certosino, con l’unico scopo di far vedere cosa accade, non certo metterci a fare i guardoni, siamo stati oggetto di vili attacchi e della scure dell’Ordine dei Giornalisti della Puglia. Ordine dal quale oggi non ci sentiamo affatto rappresentati.

Allo stesso modo, non ci sentiamo colleghi di quanti, senza fare i nostri nomi e cognomi, dalle colonne del free press che dirigono, dalle pagine del sito a loro intestato, o sulla bacheca del proprio profilo facebook, ci hanno definito “a caccia di click”, meno capaci di “cronisti alle prime armi”, ci hanno accusato di aver “rilanciato il filmato senza alcuna esitazione”, “cartina di tornasole di una società senza etica”.

Hanno descritto il nostro modo di trattare la notizia come “cronaca di infimo livello”, hanno fatto appello alla deontologia e chiesto all’Ordine la nostra testa, comodamente seduti alla loro scrivania da cui non si staccano per scendere in strada a vedere cosa succede fuori dalla redazione, dimenticando, però, la base di questo mestiere: ascoltare la controparte, noi in questo caso. Non uno, tra i così detti “giornalisti”, si è preso la briga di chiedere perché abbiamo scelto di pubblicare il video, nemmeno mentre ci imploravano di darglielo.

All’indomani della pubblicazione della notizia, che abbiamo avuto il merito di pubblicare in quel modo ragionato e non di pancia, il video ha fatto il giro del mondo, nel senso letterale del termine. Siti con grande seguito, come Youreporter e Fanpage hanno pubblicato le immagini integrali, oppure oscurate in maniera grossolana. Senza contare la carneficina del video girato su milioni di telefonini con la parte più cruenta di quel massacro, senza alcuna censura. La cosa che più ci ha meravigliati, però, è l’uso che testate ben più blasonate di noi hanno fatto di quello sciagurato massacro in diretta Facebook.

Il presunto pedofilo e i giustizieri sono stati dati in pasto ai lupi, che subito si sono potuti scatenare a loro volta con minacce di morte, avendo chiaro in mente e negli occhi le facce dei protagonisti della vicenda. Questa è la vera vergogna.

Non ci aspettiamo che l’Ordine dei Giornalisti pugliesi riveda la sua posizione, nemmeno lo vogliamo, perché ormai la scelta è censurarci a tutti i costi nascondendosi dietro regole deontologiche e morali che non tengono conto di come il filtro esercitato dai giornalisti, quando c’è, è uno strumento essenziale di democrazia e informazione.

Non si può sempre nascondere il marcio sotto il tappeto del perbenismo a tutti i costi. Ci sono due piani di valutazione: ciò che ciascuno di noi avrebbe fatto a quell’uomo qualora avesse importunato i nostri figli e poi il modo in cui viene data l’informazione. Siamo stati garantisti, a differenza di come questa storiaccia maledetta è stata generalmente trattata.