Sacrifici, professionalità e continui investimenti, hanno fatto negli anni della barese GTS un’azienda leader in Europa nel settore del trasporto merci su ferro. Ciò che non era mai stato raccontato finora è la provenienza di una parte dei soldi che hanno reso possibile l’enorme crescita della società presieduta da Nicola Mucciaccia.

La GTS fattura 100 milioni di euro, per stessa dichiarazione dei suoi vertici, e sta per entrare nell’élite della Borsa italiana. Ciò che sapevano solo gli addetti ai lavori è la natura del privilegio che ha contribuito a far grande l’azienda con sede nell’are dello scalo ferroviario pubblico Ferruccio, al quartiere San Paolo di Bari. Secondo quanto siamo riusciti ad apprendere la superficie pubblica iniziale su cui si è insediata l’azienda sarebbe stata concessa addirittura gratuitamente.

Solo dopo la situazione sarebbe stata regolarizzata – se così si può dire – attraverso la stipula di un contratto di 100 euro al mese. Cento euro al mese anche se nel frattempo l’area a disposizione per lo stoccaggio e la movimentazione delle merci era diventata considerevole: circa 35mila metri quadrati. Cento euro al mese – messi nero su bianco dentro un regolare contratto diventato leggenda negli ambienti ferroviari italiani -, fino al successivo adeguamento di quell’obolo.

Si tratta di un’operazione recente, che ha elevato il costo dell’affitto ad una cifra più adeguata, meno di 1000 euro mesini, giudicata comunque iniqua dagli operatori del settore. Su quell’area la GTS stocca i suoi container, quelli che comporranno i treni carichi di merci. E proprio la gestione dei treni è un altro elemento che ha consentito l’enorme espansione dell’azienda barese, probabilmente a danno di altri imprenditori.

La GTS, a differenza dei concorrenti, che pure lo avevano chiesto, ha ottenuto la possibilità di comporre e scomporre treni in autoproduzione. Significa che con i suoi uomini (due) e mezzi, sette giorni su sette, si occupa dei propri treni sul binario pubblico.

Facendo due calcoli, non precisi, si parla di un risparmio annuo – al netto delle spese – valutabile intorno al milione e 200mila euro, dando per buoni 50mila cosiddetti tiri gru a 30 euro ciascuno. I 30 euro sono la cifra che altri operatori pagano quando sullo stesso binario si fanno comporre e scomporre i treni da Terminalitalia, società pubblica di Reti Ferroviarie Italiane (RFI). Il paradosso è che la stessa Terminalitalia, azienda pubblica, paga ad un’altra impresa pubblica, la FS Logistics, 12.500 euro al mese nel caso abbia il suo in manutenzione e voglia quindi adoperare il binario della consorella per comporre i treni merci. Qualcuno in tutta questa storia ipotizza il dumping. Consultando Wikipedia per dumping si intende: “L’esportazione di merci a prezzi molto più bassi di quelli praticati sul mercato interno o su un altro mercato, oppure addirittura sotto costo, da parte di trust già padroni del mercato interno, generalmente condotta con l’appoggio dello Stato, allo scopo d’impadronirsi dei mercati esteri”.

Il caso è singolare. Una decina di anni fa, infatti, la CEMAT, società partecipata al 35 per cento dallo Stato e per il restante privata, fu smembrata proprio per evitare un possibile dumping. Terminal Italia è proprio una società nata da quello smembramento e si occupa della gestione dei terminal ferroviari. La situazione è particolamente complessa e meriterebbe un approfondimento adeguato, soprattutto per stabilire come la vicenda si sia sviluppata negli anni.

Com’è stato possibile, se è vero come ci risulta, che un’azienda privata possa aver avuto un trattamento così privilegiato rispetto a quello riservato a possibili concorrenti? Cosa sanno i vertici di RFI attuali e del passato? Abbiamo posto la domanda all’zienda pubblica. La risposta non è tardata: “RFI mette a disposizione lo scalo pubblico di Ferruccio in modo equo e non discriminatorio per tutte le Imprese Ferroviarie circolanti, in accordo al PIR (Prospetto informativo della Rete) e alle norme regolatorie vigenti. Nello scalo di Ferruccio sono terminalizzati i trasporti di tre imprese ferroviarie: Mercitalia Rail, GTS, Ferrotramviaria. Il Gestore Unico delle manovre ferroviarie è stato individuato da tutti gli operatori in Terminalitalia”.

Ne prendiamo atto, ma in tanti vogliono sapere se davvero una società pubblica per svariati anni abbia affittato un’area di 35mila metri quadrati a 100 euro al mese, fino all’adeguamento inferiore comunque ai 1000 euro. Nel caso non ci fossimo sbagliati, sarebbe anche importante sapere le ragioni di questo accordo e perché gli interessi privati possano aver prevalso su quelli pubblici. Restiamo come ovvio a disposizione anche della GTS nel caso, come RFI, volesse precisare o smetire quanto da noi scritto, magari esibendo la copia del leggendario contratto d’affitto.