Il caso che vede protagonista l’arsenale di Giuseppe De Benedictis, l’ex gip di Bari arrestato il 24 aprile scorso per corruzione in atti giudiziari e per detenzione illegale di armi da guerra, si infittisce sempre di più.

Le indagini degli agenti del dirigente Filippo Portoghese sono proseguite per scoprire se nella masseria di proprietà di Antonio Tannoia, imprenditore andriese e amico di vecchio data dell’ex giudice, dentro la quale De Benedictis custodiva le armi, si celassero altri segreti, e così è stato. Tramite l’utilizzo di un georadar, i poliziotti hanno scoperto una stanza nascosta nella cucina, accessibile spostando una finta parete di mattonelle. All’interno di essa erano conservate perfettamente tre fucili e tre pistole matricolate, naturalmente sequestrate per ulteriori accertamenti.

“Il dottore stava in una situazione in cui poteva prendere… vendeva e acquistava, vendeva e acquistava. Le armi venivano tutte da fuori, tramite contatti con San Marino”. Così diceva De Benedictis al caporal maggiore dell’Esercito Antonio Serafino il 30 novembre scorso, riferendosi a Tannoia e chiamandolo “dottore”,  discutendo della sua passione per le armi e della sua grande capacità di procurarsene sempre di nuove, per poi conservarle nella masseria di Andria assieme a quelle dell’ex gip barese.

Dopo essersi dichiarato estraneo ai fatti ed ignaro della presenza delle armi nella sua masseria addossando la colpa a De Benedictis, Tannoia è stato arrestato in flagranza di reato: “Tanto ha la roba sua là. Se cadi tu, cade pure lui” – si dicevano in delle frasi intercettate De Benedictis e Serafino il giorno precedente all’arresto dell’ex gip, riferendosi a Tannoia.