Il dottor Giuseppe Rizzi, oncologo presso l’Istituto Tumori “Giovanni Paolo II” , è stato arrestato con l’accusa di concussione aggravata e continuata, in concorso con la sua compagna, l’avvocatessa Maria Antonietta Sancipriani.

Il medico, sia in orario di servizio e sia extraturno, si faceva pagare da un paziente per l’iniezione di un farmaco, nonostante questo dovesse essere gratuito, approfittando delle gravi condizioni psico-fisiche della vittima. Il provento dell’attività illecita sarebbe di circa 130mila euro, a cui vanno sommati altri favori nonché lavori edili.

Durante l’attività di perquisizione i Carabinieri hanno rinvenuto reperti archeologici ed altre ingenti somme di denaro (pari a circa 1 milione e 900mila euro) tutte sequestrate preventivamente. Per il ritrovamento è stata chiesta la consulenza di personale specializzato del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Artistico.

L’Autorità Giudiziaria ha altresì emesso a carico di Rizzi uno specifico “Decreto di sequestro
preventivo d’urgenza per equivalente” della somma di denaro pari a 136mila euro quale profitto del reato ai fini della confisca per equivalente presso un istituto bancario locale.

In merito alla vicenda giudiziaria che ha coinvolto il dottor Giuseppe Rizzi, già dipendente dell’Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari (licenziato il 1° marzo scorso, con licenziamento disciplinare senza preavviso proprio a causa dei comportamenti posti in essere nei confronti di un paziente oncologico e dei suoi familiari), il commissario straordinario, Alessandro Delle Donne, unitamente alla direzione strategica dell’Istituto, esprime un sentito ringraziamento alle forze dell’ordine per l’attività di indagine svolta, che ha permesso di accertare, anche nelle sedi giudiziarie, un fatto gravissimo, potenzialmente idoneo a gettare discredito sull’immagine dell’Istituto.

L’Istituto Tumori esprime inoltre piena soddisfazione per la collaborazione con le forze dell’ordine e con l’autorità giudiziaria a cui la direzione strategica si era rivolta, fin da subito, per segnalare le gravi condotte che avevano già motivato il licenziamento disciplinare. Fatti di tale gravità non devono succedere, mai, soprattutto nei luoghi in cui il patto di alleanza terapeutica fra medico e paziente deve fondarsi su un fortissimo rapporto fiduciario improntato all’etica deontologica e professionale.