Mi associo al collega Camillo Langone nella preghiera accorata al finora sconosciuto San Pelagio di Cordova: fa che gli onorevoli Zan e Scalfarotto non inseriscano nella lista dei tormenti anche il sequestro dei pennelli. Il disegno di quella che per molti è “la coppia di censori” contro la libertà di espressione in materia di omosessualità potrebbe portare a una censura artistica senza precedenti. A una sorta di sequestro dei pennelli.

Uno dei più penalizzati in assoluto tra gli artisti di casa nostra, per la sua indole cattolica e conservatrice potrebbe essere il pittore pugliese Giovanni Gasparro. La professione di fede rischia di diventare un martirio nell’era in cui la difesa di alcuni dogmi viene spacciata come insano estremismo. Lo scorso 26 giugno, giorno della memoria liturgica di San Pelagio di Cordova, il pittore originario di Adelfia ha pubblicato su Facebook una delle sue ultime opere pittoriche raffigurante il giovanissimo martire spagnolo, fatto smembrare e decapitare dall’emiro musulmano e sodomita Abd al Rahman III nel 926 d.C.

Dopo le recenti minacce e l’etichetta di antisemita che il mondo ebraico ha tentato di appicciargli addosso in occasione della pubblicazione del dipinto “Martirio di San Simonino da Trento (Simone Unverdorben), per omicidio rituale ebraico”, Gasparro deve fare i conti con altre due pesanti accuse: l’omofobia e l’islamofobia. Un delirio di pregiudizi al contrario, diventato stucchevole e paradossale.

“Rigetto le accuse – dice in maniera perentoria il pittore barese -. Al contrario rivendico il mio diritto alla libertà di professare la mia fede cattolica in qualsiasi modo e forma, in primis con le mie opere d’arte sacra. Non è la prima volta che si insinua un mio intento provocatorio”. Nell’arco della sua pluripremiata carriera, il pittore 36enne ha dipinto martiri uccisi, in odium fidei, dai più disparati personaggi storici, così com’è evidente in tutta la storia dell’arte cristiana, senza mai dare rilevanza al fatto che i persecutori appartenessero a una determinata confessione religiosa, etnia o un particolare orientamento sessuale.

“Mi pare surreale dover giustificare le ragioni che hanno mosso la mia azione creativa per l’effige di un santo – continua Gasparro – solo perché il carnefice del martire è omosessuale o appartenente ad una fede diversa dalla mia. È un processo alle intenzioni che stigmatizzo senza mezzi termini. Non ho tessere di partito o ideologie da difendere. Mi professo unicamente per quello che sono, ovvero un pittore cattolico”.

Il collega Langone sulle pagine del Foglio ha giustamente menzionato il suo caso in riferimento al disegno di legge Zan-Scalfarotto, noto con i nomi dei principali promotori, Alessandro Zan (PD) ed Ivan Scalfarotto (Italia Viva, candidato alla Presidenza della Regione Puglia), allo studio del Parlamento. Il ddl verrà depositato martedì alla Camera e sostenuto da tutte le forze politiche di maggioranza (PD, Movimento 5 Stelle, Italia Viva e le altre sinistre, nonché da esponenti liberali delle destre, principalmente berlusconiani).

Il ddl all’articolo 3 prevede un anno e sei mesi di reclusione (fino a 6 anni per le Associazioni), o la sospensione della pena subordinata a lavori di pubblica utilità (presso le Associazioni omosessualiste LGBTQ), ritiro della patente di guida, del passaporto e del porto d’armi, il coprifuoco e l’ interdizione dai pubblici uffici, il divieto di partecipare alla propaganda elettorale, per chiunque “commetta o istighi a commettere discriminazioni, fondate sul genere, sull’orientamento sessuale o l’identità di genere”.

“In sostanza – spiega Gasparro – il reato che si configura è di opinione, anche di fede se si vuole semplicemente ribadire, ad esempio, che la famiglia è formata da un uomo e una donna e che i bambini devono crescere con entrambe le figure genitoriali, o persino citare le Sacre Scritture nei passi neo e vetero testamentari, che indicano l’omosessualità praticata fra i peccati mortali per l’anima”. Ebbene, l’attuale codice penale prevede sanzioni severe per chi discrimina, perseguita e usa violenza contro donne, omosessuali e transessuali, perché persone prima ancora che “categorie ideologicamente protette” e, come tali, già tutelate al pari degli altri cittadini italiani.

“Il ddl Zan-Scalfarotto appare come una potenziale legge ghettizzante e liberticida per zittire tutti i dissidenti non allineati alle ideologie omosessualista e femminista  – aggiunge l’artista – o coloro che contrastano pratiche aberranti come l’utero in affitto, di cui si sono resi rei anche molti eterosessuali. Non è paradossale quanto paventa Langone. Se il 26 giugno fosse entrata in vigore la legge Zan-Scalfarotto, con ogni probabilità si sarebbe configurato per me il reato di omofobia, con le inevitabili conseguenze giudiziarie. L’arte ha ancora il potere di parlare alle coscienze, quindi ben vanga se non è relegata alla mera decorazione d’interni ed entra prepotentemente nel dibattito pubblico. La pittura è materia viva”.

Chi ci legge sa che abbiamo sempre dato voce a chiunque rivendichi un proprio diritto, purché il suo intento non sia quello di discriminare chi la pensa in maniera diversa dalla propria. Ciò che sta accadendo è l’aberrazione della libertà di espressione, persino nella forma più preziosa come quella artistica. Pian piano si sta affacciando l’idea che chi non è d’accordo alla moltitudine debba essere perseguito e condannato, addirittura per legge. Qualcuno esulta e gonfia il petto, ma chi sarà il prossimo al quale verrà impedito il diritto di espressione? Pare proprio che la storia abbia insegnato poco o nulla. Gasparro e chiunque altro. Omosessuali, ebrei, lesbiche, transessuali, musulmani, bianchi, neri e chiunque altro ci troveranno sempre pronti a dividere offese e condanne.