“Qui si scherza e si gioca ma il #Coronavirus sta diventando un serissimo problema per l’Italia. Diversamente da quanto dichiarato da #CONTE i controlli negli aeroporti sono inesistenti e la libera circolazione delle persone compromette qualsiasi azione di contenimento. In questa fase di incertezza si sarebbe dovuto essere più drastici e bloccare qualsiasi evento pubblico con alto potenziale di contaminazione: teatri, cinema, calcio, volley, basket, etc… in tutto il paese. Compresa la giornata odierna a #Bari”.

Il post su facebook è del 23 febbraio scorso, ma gli strascichi del messaggio scritto da Francesco Fera, il numero due dell’Aress, l’Agenzia strategica regionale per la salute e il sociale, sono ancora molti, anche all’indomani dell’accertamento del primo caso di coronavirus.

Nei corridoi della Regione Puglia c’è chi si chiede come il dirigente dell’Agenzia pubblica abbia potuto scrivere un simile messaggio, mentre l’Aress e la stessa Regione davano indicazioni diverse, tranquillizzando i pugliesi come fatto anche dal Sindaco di Bari.

In tanti si domandano se non esista un codice etico dell’Agenzia, che in qualche modo coinvolga anche le esternazioni private dei suoi dirigenti, come nel caso di Fera. L’Aress, dunque, era o no favorevole alla visita del Papa? Aveva ufficialmente proposto di annullarla? Un elemento che ha fatto molto discutere è la tempistica della dichiarazione.

Fera scrive alle 9.58, quando ormai il Papa era già arrivato a Bari? Che senso aveva pubblicare il messaggio a cose fatte e a rischio in corso? Certo, col senno di poi, si può dire che tutto è filato liscio, ma resta il fatto – a detta di alcuni funzionari regionali gravissimo – che un dirigente apicale della principale Agenzia della salute pugliese non fosse d’accordo all’organizzazione della visita del Pontefice e di tutta un’altra serie di manifestazioni al punto da sentire l’esigenza di scriverlo pubblicamente. Chiunque, infatti, avrebbe potuto leggere il post di Fera su facebook.