… a lei Francesco Basile, direttore del personale, che ha pensato bene di scrivere una stucchevole reprimenda ai dipendenti pronti a immortalare col cellulare il disastro del 15 giugno scorso nello stabilimento Bosch di Bari. Una lettera che a molti dei dipendenti è sembrata una minaccia.

A lei, voglio anch’io scrivere due righe. Lo faccio solo perché mi ha chiamato in causa, seppure non in maniera diretta, riprendendo “Caos Bosch”, il prefisso del nostro articolo relativo a quanto successo in occasione di quel nubifragio. Per fortuna alcuni operai, che pare siano stati puniti per aver diffuso quel video, hanno ripreso quanto stava succedendo nello stabilimento realizzato con una buona parte di soldi pubblici, anche miei, suoi e di quegli stessi videomaker improvvisati, certamente non consci del giro che quelle immagini avrebbero potuto fare. Calcoli che a noi sono arrivate da un fruttivendolo della provincia di Bergamo.

In questo modo abbiamo potuto tutti quanti assistere a quello scempio, comune allo stabilimento Magneti Marelli. Nel vostro caso, però, la situazione è stata più grave, soprattutto per via delle infiltrazioni all’interno del capannone della mensa, nuovo di zecca. A leggere la sua lettera, sembra quasi che abbia piovuto solo sul vostro sito, come se il resto della zona industriale fosse stata risparmiata.

Con o senza quel video, l’immagine dell’azienda di cui dirige il personale, ha comunque subito dei pesanti contraccolpi. E sa per colpa di chi? Soprattutto di chi l’ha preceduta, ma anche sua in parte, per aver consentito a certi pseudo sindacalisti di trattare come moderni schiavi certi dipendenti, chissà se pure gli artefici di quelle immagini.

Sulla opinabile gestione della cassa integrazione abbiamo scritto fiumi di parole. In quel caso però, allo stesso modo di quando fuggiva davanti ai nostri microfoni, non ha sentito l’esigenza di scrivere nulla, anche per merito delle autorità che dovrebbero controllare certe dinamiche e invece dormono sonni beati. I lavoratori sono stati chiamati a fare grandi sacrifici, mentre altri – i prediletti – continuano a stare in fabbrica come se non ci fosse crisi, al riparo dal taglio della busta paga. Nemmeno a lei, che dovrebbe essere il garante dell’equità di trattamento fra lavoratori, pur nel rispetto delle diverse gerarchie, molti dei lavoratori perdoneranno la gestione della crisi.