Aspettano il permesso di soggiorno, ma intanto protestano perché non c’è il wifi, perché il contatore dell’energia elettrica non regge, oppure perché non hanno le ciabatte per la doccia, il pigiama, ma soprattutto per il pocket money. Vogliono tutto, ma alle ospiti del Centro di Accoglienza Straordinaria (CAS) di Adelfia, al civico 10 di via Bellini, non manca nulla. Hanno talmente tanto, compresa assistenza linguistica, legale e medica, medicine pappe, pannolini ed omogeneizzati per i tre minori presenti, che ogni giorno vengono buttate grosse quantità di pasta, secondi, contorni e persino pane appena sfornato “perché troppo duro”.

Poi si scopre che il contatore scatta perché preferiscono cucinare con i fornelli elettrici tenuti nascosti sotto i letti o perché nelle stanze i condizionatori sono sempre accesi. Certo, la struttura non è la migliore possibile per l’accoglienza, ma abbiamo onestamente visto di peggio. Le donne arrivano quasi tutte dalla Nigeria, ma del gruppo di una trentina di ospiti fanno parte anche una cittadina ghanese ed una ivoriana.

“Siamo tutti uomini e donne e abbiamo tutti il diritto di essere accuditi, accolti nei momenti di difficoltà”, spiega uno dei residenti della strada. Giusto. Sacrosanto. Ciò che non sembra tollerabile, però, è che quel centro di accoglienza sia diventato il rifugio per accattone e prostitute. Sì, perché molte delle migranti in attesa del permesso di soggiorno, fanno quello quando sono fuori dalla struttura. Non è una prigione, possono entrare ed uscire quando vogliono.

Nell’ultimo mese sembra ci siano stati tre aborti. Favoreggiamento di Stato della prostituzione di donne senza alternativa. Non riusciamo a trovare molte altre definizioni. Se questo è quanto di meglio possa offrire un Paese che si dice civile ed accogliente, siamo davvero alla frutta. In realtà si tratta solo di un gigantesco affare, un pauroso giro di soldi. La rivolta di ieri, avvenuta intorno alle 13.30, con l’intervento di due pattuglie dei Carabinieri è solo l’ultimo episodio.

Il motivo? Non avendo firmato tutte le entrate e le uscite dal centro, i soldi del pocket money non corrispondevano alle loro aspettative. E allora barricate con le buste d’immondizia messe all’ingresso, lancio di oggetti, minacce agli operatori presenti in quel momento. Non è la prima volta, così come ormai non si contano più i dispetti ai danni di chi si prende cura di loro, pulendo le stagne e i bagni. Una volta le ospiti chiesero quanto guadagnassero gli operatori all’ora, proponendosi di fare loro le pulizie in cambio di quei 5 euro. Lavandini, water e bidet otturati; immondizia nei contenitori utilizzati per il trasporto del cibo, con la giustificazione: “L’immondizia che abbiamo messo dentro i contenitori non è diversa dal cibo che ci date”.

Insomma, la sequela delle intemperanze è lunga, ormai insopportabile. La domanda che si pongono tutti è semplice: una volta avuto il permesso di soggiorno queste donne che faranno? Senza un progetto di inserimento nella società non potranno far altro che continuare a chiedere l’elemosina fuori dalle chiese e dai negozi o peggio ancora prostituirsi. Benvenute in Italia.