Mimmo è il papà di un bimbo di due anni e mezzo, Ciro, affetto da fenilchetonuria, una malattia rara genetica che impone un rigoroso regime alimentare per evitare problemi neurologici. Papà e figlio sono vittime, loro malgrado di un paradosso della sanità barese, all’ospedale pediatrico Giovanni XXIII.

Da Foggia, Ciro viene a Bari per fare gli esami all’Ospedaletto, da lì a una settimana Mimmo può verificare il risultato delle analisi on line, tramite un codice fornito dal Cup, dopodiché il papà dovrà chiamare la dietista dell’ospedale in cui suo figlio ha fatto le analisi per comunicarle il risultato e permettere alla dottoressa di variare la dieta del bambino.

In tutto questo, i contatti con la struttura non sono affatto semplici, tra linee intasate quando non squillano a vuoto. Tanto che a volte è lo stesso Mimmo a dover andare direttamente in ospedale, muovendosi da Foggia, dopo diversi giorni dalla pubblicazione dei risultati, perché non riesce a mettersi in contatto con la dietista.

Eppure, pare che questa scomoda disposizione sia una novità degli ultimi tempi: fino a qualche mese fa, infatti, era lo stesso laboratorio analisi a comunicare con la dietista, ottenuti i risultati, e a chiamare direttamente Mimmo in caso di valori sballati.