Con i due (1) (2) articoli precedenti abbiamo provato la teoria del complotto. Il coordinatore del 118 barese e responsabile del pronto soccorso dell’ospedale della Murgia, Antonio Dibello, è quello che aveva più da perdere dalla bufera mediatica che abbiamo sollevato in merito all’inadeguatezza delle due strutture sanitarie che dirige. La protesta dei due medici e sindacalisti, Franceco Papappicco e Francesca Mangiatordi, ha assestato un poderoso colpo di grazia, nonostante i tentativi di screditarli davanti agli occhi dell’opinione pubblica e del forse ignaro presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Le catene “indecorose” dei duei medici ribelli ha costretto Dibello a dimettersi. A meno di clamorosi colpi di scena – che pure abbiamo azzardato – dovrà levare i tacchi dal prossimo 3 novembre, dopo i tre mesi di preavviso concessigli dal capo del personale della Asl di Bari, Francesco Lippolis.

Adesso proviamo a sviscerare la teoria del complotto, evidenziando tutti gli elementi di questo thriller a tinte fosche, la cui trama è nota ormai a tutti, anche a quanti continuano a fare finta di niente. Perché due medici dovrebbero protestare in catene e arrivare addirittura alle estreme conseguenze di uno sciopero della fame per tre procedimenti disciplinari? Non parliamo di procedimenti giudiziari, di querele o di denunce per negligenze mediche irreparabili. La popolazione murgiana e nazionale è ormai nettamente schierata a sostegno dei due professionisti. La gente sostiene la battaglia coraggiosa e, come noi, comincia ad essere preoccupata delle condizioni fisiche di Francesco Papappicco e Francesca Mangiatordi. I due, però, nonostante tutto appaiono più determinati che mai a proseguire sulla strada della protesta, contro la prepotenza di chi ormai da mesi tenta di screditarne l’immagine e minarne la serenità lavorativa, forse proprio per indurli all’errore che potrebbe portare all’obiettivo: la sospensione per un motivo valido, non certo come nel caso attuale per aver svolto il proprio dovere con passione, competenza e dedizione.

La nostra storia, come tutti i gialli degni di nota, ha un crimine, un esecutore materiale, complici, un movente, l’arma del delitto, uno scenario e ovviamente le vittime, che in questo caso hanno deciso di vendere cara la pelle rovinando il finale scontato che qualcuno aveva già previsto. Qualcuno che forse non s’aspettava di dover dare conto delle proprie azioni in un’aula di Tribunale.

IL CRIMINE – Ordire la trama persecutoria mirata a ridurre al silenzio e togliere dalla circolazione due medici-sindacalisti onesti e stimati, anche da chi non non lega molto con loro, per le lotte a favore di una sanità migliore. A questo punto della storia entriamo in gioco anche noi di bari.ilquotidianoitaliano.it, per aver dato voce ai due medici e per essere usciti fuori dal coro, avendo rifiutato di pubblicare le solite, inconcludenti veline. Censurare, imbavagliare, punire, reprimere, screditare. Ecco i crimini.

L’AUTORE – Come abbiamo annunciato è chi avrebbe interesse a raccogliere per mesi “un blocchetto bello fornito”, “un documento a firma di tutti i medici strutturati che prendono le distanze dagli articoli che stanno venendo fuori”,  “perché mi devo far mettere sotto da Loconte, diventato l’anima nelle mani di qualcuno che deve buttare sangue nei confronti miei…”. Antonio Dibello, in nessuna sede, anche nella riunione con Alessandro Sansonetti (direttore sanitario dell’ospedale della Murgia), ha mai nascosto la sua volontà. Non ha mai convocato i due per chiarire la situazione, anzi, tutte le volte che qualcuno tentava di fare da mediatore, ha sempre risposto picche. “Io risponderò con i fatti, le parole se le porta il tempo, grazie a Dio il dossier è bello pieno”, “oggi questo focolaio va immediatamente spento, ma non in quella maniera come faresti tu..”, “perché qua ci sono tutte le condizioni per spegnere questa cosa”. Dibello ha rilanciato anche quando Sansonetti ha giocato a carte scoperte: “È solo la Mangiatordi il problema? – qui è una processione che si lamenta” “ che hanno firmato il falso”. Chi avrebbe interesse a far comparire nel procedimento della Mangiatordi lettere riguardanti Papappicco? Chi altri cita Loconte come bersaglio da colpire? Quel Loconte che per mesi aveva fatto emergere le documentate scelleratezze della contemporanea malagestione del 118 e del pronto soccorso dell’ospedale della Murgia.

antonio dibello fugge alle domande

IL MOVENTE –  Vendicare il supposto affronto, lo screditamento mediatico che seppur documentato e testimoniato dai fatti, è avvertito e vissuto soprattutto come lesa maestà. Un fatto disonorevole. La nemesi di un dirigente incapace di ottemperare alle sue responsabilità. “Anche il nostro blocchetto è ben fornito”.

LO SCENARIO – Lo scenario è quello del pronto soccorso di un ospedale aperto forzatamente nel pieno di una campagna elettorale e lo sgangherato coordinamento del 118 territoriale, contemporaneamente gestiti da Antonio Dibello.

L’ARMA DEL DELITTO – I procedimenti disciplinari, costruiti maldestramente (avendo sbagliato anche la data dei fatti contestati), risultati per altro raffazzonati, generici, tardivi, insussistenti, kafkiani, illegittimi, eppure subdolamente studiati a tavolino per colpire, censurare, sanzionare e punire.

I COMPLICI – Non poteva esser solo l’autore del fattaccio, gli occorreva in verità qualche gregario e pochi sodali ad ogni livello per poter procedere. Quindi una zelante burocrate che si prestasse ad avviare il procedimento di Papappicco con raccomandata AR su cui campeggiava in violazione della privacy la dicitura “Avvio Proced. Disciplin”; un direttore di Centrale Operativa che ripescasse l’intervento di Papappicco su Domi Martimucci e “l’incauta” richiesta di disponibilità di un elicottero per trasportare la vittima al Policlinico, piuttosto che al Polo di Eccellenza della Murgia. Non solo. Per raggiungere l’obiettivo serviva anche una dichiarazione di dissenso dalle evidenti criticità segnalate correttamente dalla Mangiatordi, firmata da colleghi strutturati compiacenti al primario. Documento, quest’ultimo, finito nel procedimento disciplinare pur non essendo mai stato protocollato. Un’altra palese forzatura.

LE VITTIME – Le vittime le conosciamo fin troppo bene. Sono due medici appassionati del loro lavoro, due persone che tentano di salvare ad ogni costo la propria dignità esattamente come tentano di salvare la vita delle persone che soccorrono e curano.

francesco papappicco francesca mangiatordi

Non c’è che una sola conclusione: revocare i procedimenti disciplinari, finiti in censure e tirate d’orecchi e procedere contro chi ha realmente leso l’immagine dell’Azienda sanitaria locale di Bari.