Ci arriva in redazione la concitata e-mail di un lettore, su un caso che lui definisce di malasanità. Qualche giorno fa, l’uomo ha accompagnato suo nonno 90enne al pronto soccorso del Policlinico, a Bari. Infermieri gentili, medici solerti e preparati, molte lodi per il soccorso, qualche feroce stilettata per la “prontezza” di questo.

Nonostante la ricetta rossa del medico curante, ci spiega il nostro protagonista, suo nonno, giunto in ospedale alle 20.30, ha dovuto aspettare otto ore fin quando non è stato portato in reparto per il ricovero. Una notizia del genere ci ha fatto riflettere: sono tante otto ore, specie se di notte, per per ricoverare un 90enne. Abbiamo contattato il dottor Francesco Stea, primario del reparto di pronto soccorso del Policlinico di Bari, per farci spiegare la situazione.

È vero, ci ha confermato il dottor Stea che ricordava perfettamente il caso, il paziente è giunto alle 20.30. È vero, è stato trasportato al reparto in cui è stato ricoverato solo alle 4 del mattino. Il punto è che in quel lasso di tempo è stato necessario fare al paziente tutti gli accertamenti e le analisi del caso, dal momento che la ricetta rossa del medico curante, in casi come questi, non serve a niente e la documentazione portata dai parenti che accompagnavano il paziente era insufficiente a fornire un quadro clinico preciso.

«Effettivamente il paziente ha dovuto aspettare anche due ore e mezza dal momento in cui gli abbiamo fatto le analisi, al momento in cui sono arrivati i risultati – ha chiarito Stea –  Però se solitamente un laboratorio Asl ci mette tre giorni per restituire i risultati delle analisi, capirà bene che, per il pronto soccorso, averli in due ore e mezza, all’1,30 di notte, è oro. È chiaro che il paziente sta lì a chiedersi cosa stia a fare in attesa da due ore e mezza»

Il discorso di Stea non fa una grinza. In casi come questo, la ricetta rossa del medico curante serve a nulla e il signore ha dovuto sottoporsi a una serie di esami, ematologici, radiologici e compagnia cantante, prima di comprendere effettivamente se ci fosse bisogno di un ricovero o no e presso quale reparto. Uno screening del genere richiede alla struttura un certo tempo e nei pazienti, appunto, pazienza.
Spesso la preoccupazione, la disinformazione e la non perfetta conoscenza delle procedure ospedaliere offuscano il giudizio di chi è lì in attesa, per sé o per i propri cari.
Certo, la Sanità pugliese è allo sbando, ma non per questo ogni nostra insoddisfazione è malasanità.