Il candidato si chiama Giuseppe Tamburrano, lavora in una scuola guida, ma potrebbe chiamarsi Cetto La Qualunque. È in lista per le prossime elezioni amministrative ad Adelfia, ma potrebbe essere originario di un qualsiasi altro comune barese, pugliese, persino italiano. La promessa è sempre la stessa: 50 euro per il “lavoro” di rappresentante di lista in cambio del voto.

La scoperta dell’acqua calda? Mica tanto, perché altrimenti fatta in maniera così sfacciata, la promessa sarebbe lecita. Il gioco si fa sempre più spregiudicato. Succede, allora, che l’amico dell’amico, di un amico, chiami un’amica e su Whatsapp le prometta i soldi in cambio del voto al candidato della lista civica “Adelfia Libera”, al motto: “Cambiare si può”. È il più tradizionale dei voti di scambio, senza contare i buoni benzina e pasto, che pure girano. Eccome se girano. Ci sono testimonianze, ma in questo caso non abbiamo le prove.

Per ricoprire l’incarico devi ovviamente essere un elettore adelfiese e disposto a votare il candidato per cui si rappresenta la lista. La tariffa è uguale per tutti e si prediligono i più giovani, perché più malleabili e soprattutto bisognosi di soldi. Peccato, però, che questa volta la ragazza reclutata fosse la figlia di un candidato di un’altra lista. Roba da pirla. “Mi sono espresso male”, dice il candidato riferendosi al colloquio con la ragazza.

Ma mi faccia il piacere, direbbe il principe Totò, dopo aver chiesto agli italiani di votare Antonio La Trippa. La faccenda mette qualcuno nei guai e in guardia tutti, anche perché le segnalazioni di candidati spregiudicati riguardano tutti i Don Camillo e i Peppone del paese dell’uva regina immortalati su un santino. Il candidato sindaco sostenuto dalla lista di Tamburrano, Giuseppe Cosola, è troppo riservato per intervenire ai nostri microfoni. Tuttavia stigmatizza l’accaduto e, particolarmente adirato, invita tutti al rispetto delle regole, seppure a qualcuno quella di promettere i classici 50 euro e il voto in cambio per fare il rappresentante di lista, è già di per sè una regola.

Del resto, ad Adelfia il clima è abbastanza teso. Manifesti elettorali affissi “a tromba”, ma soprattutto l’esposto alla Procura della Repubblica di Bari sulla presunta irregolarità delle firme raccolte da alcuni candidati, senza la presenza dell’ufficiale giudiziario. “Signora, posso rubarle una firma?”. Tutto sommato, però, è una campagna elettorale tranquilla, sempre che nel frattempo non emergano altri particolari.