La Bosch di Bari è una delle più grandi aziende del territorio, con circa 1900 dipendenti. Ai più distratti ricordiamo che si tratta di 1.900 famiglie che campano di quello stipendio: mediamente 1.600 euro. Gli operai, terrorizzati per la possibilità di vivere l’incubo Bridgestone, attraversano un periodo emotivo difficile, continuamente pressati e a quanto pare senza il sostegno dei sindacalisti aziendali.

Il clima da “azienda tedesca” che si respirava fino a qualche anno fa, è andato abbondantemente a farsi benedire. Questo è il tempo delle pressioni, dei richiami, delle contestazioni fatte per ogni respiro fuori posto. Inziamo dalla solidarietà, con il 70 per cento dello stipendio in busta paga, che va ormai avanti da un po di anni. C’è chi si batte ancora affinché la riduzione di ore e salario riguardi tutto il personale dello stabilimento, al contrario di quanto succederebbe ora.

Sindacalisti, capireparto e negli gli uffici la solidarietà non sanno cosa sia. Solidarietà a volte incomprensibile calcolando soprattutto il continuo scorrimento e il “patto” a senso unico con l’azienda, per una produzione che va avanti anche il sabato e la domenica, certamente fino a luglio. Non si capisce che razza di solidarietà sia questa, soprattutto se considerate che i lavoratori vengono avvisati del turno festivo anche all’ultimo momento, con un sms, un messaggio whatssap, una chiamata. Ma il sabato e la domenica, in regime di solidarietà non è vietato lavorare?

A comunicare i cambiamenti, che non ti consentono neppure di organizzare la vita, sono spesso i sindacalisti, in questa fase particolarmente contestati per la scarsa presenza in azienda e in particolare sul posto di lavoro. L’attività sindacale, infatti, almeno secondo quanto ci risulta, non esclude completamente quella lavorativa dove per contratto nazionale, si è tenuti a lavorare almeno quattro ore, mentre a sentire gli operai la maggior parte dei sindacalisti sarebbero totalmentr assenti dai reparti produttivi, pur percependo un ottimo stipendio.

Le richieste dei lavoratori vengono quasi sistematicamente ignorate, come quella di svolgere un’assemblea per discutere dei tanti problemi presenti alla Bosch di Bari. Assemblea organizzata, invece, per la discussione delle recenti quattro ore di sciopero generale per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici. Gli operai si domamdano come si possa firmare qualsiasi accordo senza il loro coinvolgimento, tanto da sembrare apertamente filoaziendalisti.

Contratto nazionale che ormai sarebbe sistematicamente ignorato. Stando al racconto di un nutrito gruppo di operai, diventa sempre più difficile ottenere ferie e permessi, anche quando dovuti. A quanto pare il mandato non scritto affidato a qualcuno sarebbe quello di sfinire gli operai, per costringerli a trattare la buona uscita. Se conosci le tecniche della trattiva per toglierti dalle scatole, essendo ormai un numero e non una persona, puoi ottenere anche cifre vicine ai 150mila euro.

La Bosch, però, ha avuto una montagna di finanziamenti pubblici e la Regione Puglia ha contribuito notevolmente a versare soldi nelle casse del colosso tedesco, che a Bari ha uno dei centri di ricerca più evoluti d’Europa. Tutto molto bello, non fosse che nello stabilimento della zona industriale di Bari-Modugno si producono ancora vecchie pompe per motori diesel common rail euro 3 e 4, ormai destinate in maniera particolare a mercati esteri come il Brasile e la Cina. Da un lato la produzione di pezzi in via di superamento, dall’altro la ricerca avanzatissima. Molti dei più moderni prodotti Bosch vengono pensati e progettati a Bari, da personale contrattualizzato direttamente dalla casa madre, ma prodotti nelle fabbriche tedesche. Un paradosso che, come dicevamo, potrebbe costare il posto a circa 400 dipendenti.

Gli operai non sanno se ribellarsi, non riuscendo neppure a fidarsi dei propri rappresentanti sindacali aziendali, o continuare a subire con la speranza che la situazioni milgiori per inerzia. Non è certo incoraggiante ciò che è emerso dall’incontro tra sindacati e azienda dello scorso aprile a Milano. Per ora, sarebbe stato detto che, in sostanza, a Bari non è previsto nessun cambiamento. A detta di molti si vorrebbe ridurre lo stabilimento barese alla produzione dei solo pezzi di ricambi.

La situazione è complessa. Gli operai, pur non facendolo apertamente mettendoci la faccia, chiedono un moto d’orgoglio alle segreterie provinciali e regionali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, oltre a un intervento perentorio da parte della Regione Puglia.

Sono state e sono ancora troppe le aziende private che hanno beneficiato di ingenti quantità di denaro pubblico nazionale e locale, investito per potenziare la produzione a casa proprio e non sul territorio. La misura è colma e la pentola sta per esplodere.