Domenica 28 febbraio. È il giorno dopo la bruciante sconfitta contro il Lanciano. Riunione negli spogliatoi del San Nicola per fare il punto su una situazione in declino. I nervi sono già a fior di pelle, ma qualcuno in quella riunione dai toni accesi si sarebbe preso la responsabilità di far entrare un gruppo di tifosi con il sangue agli occhi. Apprendiamo di parole grosse e minacce, tanto che contro la Ternana, due giorni dopo, il Bari correrà alla velocità della luce e vincerà per quattro reti a zero.

Ma in quella riunione non ci sarebbero state solo minacce. Durante la discussione, infatti, nel ventre dello stadio sarebbe entrato anche il presidente Gianluca Paparesta. Meravigliato per la presenza dei tifosi, il padrone di casa avrebbe detto una cosa del tipo: “Voi che state a fare? Qua non potete stare”. E dalle parole qualcuno dei presenti sarebbe passato agli spintoni. Qualcuno avrebbe messo le mani addosso al presidente preso dalla foga della contestazione. Fin qui il fatto di cronaca. Un episodio che il silenzio stampa in qualche modo ha consentito di tenere nascosto più a lungo, ma che adesso viene fuori con conferme circostanziate.

Il silenzio stampa adesso è terminato. Alle 13.45 al San Nicola si è tenuta la conferenza pre partita. Una conferenza di famiglia alla quale noi non siamo stati invitati. Se prima pensavamo che il problema fosse di natura esclusivamente burocratica, adesso abbiamo la certezza di non essere graditi perché scriviamo con la sciarpa biancorossa al collo e non sugli occhi. Poco male, soprattutto alla luce della scelta di restringere il campo delle domande al solo allenatore. I colleghi in sala, qualora anche ne avessero avuto voglia, non avrebbero potuto chiedere chiarimenti circa la chiusura dello Store in corso Vittorio Emanuele, ad esempio. Circa la Globalicensing. Circa la proprietà delle casse che fino ad oggi hanno riempito i tifosi acquistando prodotti ufficiali della società. Circa la bagarre con i cinesi. Circa l’attuale potere all’interno della società del socio di minoranza (?) Giancaspro. E ovviamente non avrebbero potuto chiedere delucidazioni nemmeno sulla presunta aggressione subita dal presidente due settimane fa. Quantomeno per avere smentite e voci ufficiali. Nella sala conferenze va quindi in scena la negazione del concetto di comunicazione. Ancora una volta.

A preoccupare è soprattutto il fatto che siamo di fronte a una società allo sbando, che ha messo in allarme persino il neo arrivato Giancaspro. L’imprenditore molfettese si è preso parte della cassa e ha iniziato a tagliare gli sprechi. A neppure due anni dai fasti e dalle promesse di gloria, siamo alla spending review e all’evidente incapacità di gestire i rapporti.

Rapporti che sarebbero diventati deficitari anche all’interno dello spogliatoio. Qualcuno, giustamente, non avrebbe accettato di buon grado la scelta di far entrare il gruppetto di tifosi negli spogliatoi. E allora, chi ha preso questa decisione? Non Paparesta, dato quello che è successo. Forse il team manager Alberto Marangon? Non ne siamo certi ma voci – in questo caso solo voci – parlano di un fronte aperto proprio contro di lui. Una spaccatura che avrebbe ovviamente creato ulteriore tensione rispetto a quella alimentata dagli scarsi risultati sul campo. Marangon, il signore che dopo la sconfitta con l’Entella ha portato mister Camplone a sbraitare proprio ai microfoni di Radio Norba, consorella senza volto del gruppo editoriale di cui fa parte la collega che aveva messo in giro la notizia dell’infarto al mister. La notizia che di fatto aveva dato il via al mutismo societario. Segnale evidente di come in questo momento sia stata letteralmente persa la bussola.

Speriamo, prima o poi, di ricevere chiarimenti su tutta la linea. Forse ne avremo, forse no. Forse, ormai, si vive alla giornata senza la necessaria lucidità per gestire la crisi. Una delle lezioni dei corsi di comunicazione riguarda proprio la gestione delle fughe di notizie e dei rapporti con gli interlocutori privilegiati. Ma le regole, i rapporti e il buon senso, con la Fc Bari 1908, sono andati a farsi benedire da un pezzo, nonostante i nostri sforzi comunicativi. Per favore, però, non chiamateci gufi. Perché questa crisi societaria, prima ancora che di gioco, è una cosa seria.