di don Antonio Lobalsamo

Le avevo preso la piccola durante l’omelia della Messa di due domeniche fa. Parlavo ai bambini e, avendo intravisto mamma e figlioletta tra i banchi, m’era venuto di dire ai più piccoli: “Vedete, quando siamo in compagnia del buon Dio, la gioia deve sempre abitarci, deve stare sempre con noi”. Mi guardavano. Ed io li stupii presentando una più piccina di loro, quasi insignificante per i pochi mesi che aveva. Con lei feci il giro della Chiesa, poi la riconsegnai alla mamma, che mi venne incontro. È stata l’ultima volta che ci siamo parlati e che ci siamo guardati negli occhi. E che ci siamo detti, senza aprir bocca, che sì, ci fidavamo l’uno dell’altra.

I genitori l’avevano chiamata Gioia, perché nata a questo mondo dopo un’altra bambina, rapita prestissimo al cielo. Quattro giorni appena. Quante volte avevo intravisto al cimitero Teresa, la mamma di Gioia, seduta per terra di fronte alla tomba della piccola Aurora, mentre le parlava, mentre si parlavano. Dopo non molto Gioia aveva illuminato nuovamente la loro famiglia e Teresa, già bella di suo, si era incendiata ancora di più nei suoi capelli rossi. Gliela avevo battezzata due mesi fa, a metà febbraio. E a giorni un altro sacramento aspettava Antonio, il loro bambino più grande: la Prima Comunione.

Il vestito, comprato per l’occasione, era già pronto, ma Teresa ha potuto indossarlo solo nella bara. All’improvviso la morte l’ha sottratta, con gli artigli, ai suoi affetti. Quarantadue anni appena. Suo marito, Franco, non riesce a farsene una ragione, chissà se se la farà mai. E così i genitori, la sorella. Tutti. Qualcosa le è scoppiato nella testa e se l’è portata via. Un attimo, un dolore intenso, e la vita se n’è andata.

Ed ora? Ora che succede? Succede che Teresa è davanti a Dio. E ci manca tanto, come tanto ci mancano quanti non sono più fra noi, soprattutto i più giovani. Non sappiamo perché il buon Dio permetta questo, abbiamo però certezza della sua bontà, nonostante tutto. Il cuore è rigato dalle lacrime e sono lacrime che graffiano, ma sentiamo anche la mano del Signore che tiene la nostra. E la mano di Teresa che tiene quella dei suoi, dei figli particolarmente. Noi non siamo più buoni di lei, per godere ancora del dono della vita. Anzi! Facciamo tesoro, allora, di quanto ci accade, giorno dopo giorno. Impariamo la lezione, non continuiamo ad essere alunni indisciplinati.

La vita va vissuta tutta, fino in fondo; a nessuno è dato sciuparla, o di poter dire che la sua non è degna di essere vissuta (e magari l’ha sfiorato pure il pensiero di farla finita). Assaporiamone il calore e i colori, anche nelle sfumature più grigie, se non addirittura nere. Sentiamone il profumo, e spargiamolo, come in una perenne primavera, anche se qualche volta per noi è inverno. Incendiamoci anche noi di vita, come i rossi capelli di Teresa. Lo dobbiamo a lei, a Franco, ai suoi piccoli figli. Alla vita stessa.