Le spade sono sguainate. Tra il coordinatore del 118 Barese Antonio Dibello e il medico-sindacalista Francesco Papappicco siamo ormai alla sfida per la verità. Dopo l’episodio denunciato su Facebook dallo stesso Papappicco in molti credono sia arrivato il momento di approfondire il contenuto delle denunce arrivate dalla trincea. La faccenda in questione – alla quale i parenti del paziente hanno assistito attoniti – è datata 24 aprile.

Tralasciamo i dati tecnici e specialistici, ma la storia merita senza dubbio di essere raccontata per il bene di un’intera comunità. “Intorno alle 16.30 del 24 aprile – scrive il medico del 118 in servizio sull’ambulanza della postazione di Gravina – la Centrale operativa chiama per un codice giallo. L’equipaggio si barda nonostante i DPI di bassa qualità a disposizione: tute cinesi di taglia striminzita, mascherine altrettanto scadenti, occhiali-visiera e buste per l’immondizia ai piedi”.

Ai parenti del paziente era stato consigliato di chiamare il 118 a causa di alcune anomalie nelle analisi del sangue del giorno prima. L’uomo, però, inizia a peggiorare fino al coma. La situazione è molto seria. Da qualche tempo ha febbre e tosse. Lo spettro del coronavirus è sempre in agguato anche se potrebbe trattarsi di altro. “Non ci sono le condizioni né il tempo per diagnosi di fino o per scrivere tutto – continua Papappicco -. Mentre stabilizziamo il paziente spiego la situazione ai parenti. Tutti bardati e in urgenza è difficile pure la compilazione della scheda digitale. Ci prepariamo per portarlo in ambulanza sotto monitoraggio e con l’ossigeno”.

Da questo momento la vicenda potrebbe essere sfuggita di mano. Il medico del 118, infatti, prova a spiegare telefonicamente alla sua centrale operativa la gravità della situazione, ma gli viene detto che al pronto soccorso dell’ospedale della Murgia non può essere accettato nessuno perché è in corso l’ennesima sanificazione da quando è scoppiata la pandemia. Gli animi si scaldano e nonostante tutto Papappicco decide di portare ugualmente il paziente all’ospedale Perinei, chiedendo l’intervento dei Carabinieri per cercare di ottenere l’immediata presa in carica del paziente.

A complicare tutto c’è un guasto all’ambulanza, che non consente al mezzo di soccorso di procedere a una velocità superiore 50-60 chilometri orari. Una pattuglia di Carabinieri si trova già in ospedale per altri motivi. Papappicco li raggiunge chiedendo loro assistenza. Giungono in ospedale anche i parenti.

“Mentre seguiamo il percorso verso l’area covid, che risulta chiusa – racconta il medico – un infermiere del pronto soccorso apre la porta anti panico della zona cosiddetta pulita e ci dice di entrare”. Il personale fa quadrato attorno al direttore Dibello. “Ci bloccano col paziente in quelle condizioni e veniamo subissati di improperi e accuse di aver contaminato la zona”, prosegue il medico. L’incontro con Dibello è inevitabile. La tensione è altissima. Il paziente ha bisogno di cure immediate. I due sono uno di fronte all’altro mentre un altro collega, imprecando, chiede all’equipaggio chi gli avesse permesso di entrare in quella zona, quando si sarebbe dovuto dirigere addirittura in Utic.

Se possibile, nonostante la presenza delle Forze dell’Ordine, la situazione diventa ancora più tesa. Il paziente sta morendo a leggere a quanto viene denunciato. A quel punto Dibello avrebbe tagliato corto. “Il medico del kaiser! Tu sei pazzo, tu sei pazzo! non puoi fare questo lavo. Non ne sei in grado, uscite fuori! Andate via da qui”, aggiunge allibito Papappicco. La versione scritta dal medico del 118 su Facebook coincide con quella verbalizzata dai Carabinieri, confermata dalla figlia del paziente, che nel frattempo ha rilasciato su chiamata registrata la versione di quanto accaduto prima dell’arrivo del 118 a casa.

Ma qual è stata la conclusione? Il paziente è finito di lì a poco in rianimazione ed è morto il giorno dopo. È a questo punto che Papappicco rilancia e chiede approfondimenti. “Dibello – dice rivolgendosi al coordinatore – l’odio viscerale che provi nei miei confronti e anche nei confronti della dottoressa Francesca Mangiatordi, risalente alle cronache di 5 anni fa – non dovrebbe in alcun modo compromettere l’efficienza della catena dei soccorsi”. A comunicare la situazione sarebbe stato il personale della Centrale Operativa.

“Mi hanno detto che il pronto soccorso sarebbe stato non accessibile per la sanificazione degli ambienti a causa dell’effettuazione di tamponi al personale sanitario in attesa di esito dopo le 20 – spiega Papappicco – e che addirittura questa cosa era nota fin dalle 10 del mattino, nonostante alcuna comunicazione di chiusura del pronto soccorso sia stata ufficializzata alle autorità competenti”. In molti si chiedono se questo sia l’atto finale di una storia fatta di grandi tensioni e reciproche accuse.

“In qualità di direttore di quel pronto soccorso e coordinatore del 118 aziendale – tuona il medico al dirigente – chiedo a te di giustificare quanto accaduto, di andare fino in fondo stavolta e di dimostrarti all’altezza delle accuse e calunnie gratuite proferite nei miei confronti e contro il mio equipaggio. Tacciati, aggrediti, vilipesi e cacciati dal tuo pronto soccorso solo per aver agito in scienza e coscienza, solo per aver tentato di salvare una vita umana con dignità e nel migliore dei modi. Se sono pazzo o ancor più ritieni sia stato negligente, imprudente e imperito forse hai ragione tu, non sono all’altezza di questo lavoro, non posso farlo, non devo! Ma se avrai difficoltà a dimostrarlo come già accaduto tempo fa, non ti rimane che fartene una ragione e tentare un’altra strada per farmi fuori o prendere in seria considerazione l’ipotesi di dimetterti o passare a migliore incarico”.

Dal canto nostro restiamo a disposizione di qualunque medico o infermiere del pronto soccorso dell’Ospedale della Murgia, dello stesso direttore Antonio Dibello e dei familiari del paziente qualora volessero fornire conferme o versioni diverse da quella resa pubblica dal medico del 118 Francesco Papappicco.