Nonostante la presenza massiccia di organigrammi ben descritti e definiti, la Croce Rossa Italiana ha un modo tutto suo di essere condotta che deriva dalla regola secondo la quale chi comanda veramente non è il titolare della carica, ma qualcuno che lavora alle sue spalle, spesso anche a sua insaputa. Essere o apparire, maschera o volto, l’Associazione di volontariato più grande d’Italia è alle prese con un modello di comando che disorienta persino i suoi stessi vertici.

Abbiamo più volte dimostrato che Francesco Rocca, pur essendo presidente della Cri e a capo dell’Ente Strumentale alla stessa Cri, è sempre più spesso impegnato in altre cose e lascia, probabilmente anche volentieri, la poltrona in pelle ed i bottoni di comando a Flavio Ronzi, unico vero dominus di Cri. Ronzi è talmente padrone da essersi creato il suo segretariato ed essersi disegnato a misura un contratto ed una retribuzione, peraltro tutti e due ancora segreti anche ai volontari.

La cosa non si limita al livello più elevato dell’Associazione. Possiamo farvi notare ancora come il fenomeno, per quanto ci è dato di sapere e poter dimostrare, è esteso ed ha contagiato tutta l’intera mappa dell’organizzazione. Qualche esempio? Abbiamo raccontato di come la nomina delle ispettrici a ogni livello del Corpo delle Infermiere Volontarie sia stata, contro legge, eseguita dal presidente nazionale Rocca e non dall’Ispettrice nazionale del Corpo, Monica Dialuce. Alla violazione palese di norma legislativa ha fatto seguito l’altro giorno il piccolo show assembleare dove un Rocca ormai all’angolo, ha recitato la parte del papà buono ed ha restituito le chiavi della macchina alla sua cara bimba, assieme alla preghiera di non fare più tardi la sera e di non frequentare più le cattive compagnie, perché con quelle discole di Pinotti e Lorenzin ci vuole parlare solo lui.

Lui, che dietro una paternale da quattro soldi ha dimostrato il timore di un ricorso straordinario al Capo dello Stato che lo obbligasse ad ottemperare alla legge restituendo il potere di nomina all’effettivo titolare. La stessa ispettrice del Lazio, Tiziana Ciani, nominata da Rocca su suggerimento espresso del presidente del Comitato regionale, l’incompatibile De Nardis, vuoi per inesperienza, vuoi per gratitudine, ha saltato più volte la catena di comando naturale aderendo ai “consigli” del suo presidente, esponendo il Corpo a gaffes protocollari e mettendo in difficoltà i suoi stessi vertici.

Lo stesso De Nardis sta probabilmente cercando un’altra dimensione esistenziale, ovvero dopo la rottura palese e teatrale con il vecchio compagno di cordata Ronzi – rottura che ha comportato la decapitazione della struttura emergenziale regionale proprio durante l’evento sismico dell’Italia centrale – sta cercando nuovi numi tutelari e si è accodato ad un’altra crocerocchina, l’iperpresenzialista Anastasia Siena, alla quale concede un’auto di servizio domiciliare, come fosse un vertice nazionale, pur di accaparrarsene strategie, consigli, aderenze e particolari esperienze pur di non essere travolto dall’onda di piena che si sta per abbattere su via Ramazzini.

Insomma, questa Croce Rossa Italiana sembra sempre più una frittata che non si riuscirà a cuocere senza bruciarla da tutti e due i lati. Speriamo di no, nel frattempo invitiamo le migliaia di volontari ancora in buona fede a ragionare con le loro brillanti teste e ad imparare a distinguere la sostanza dall’apparenza, per non finire schiacciati da quest’intrigo di potere e soldi che qualcuno ancora chiama “privatizzazione”.